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Zoroastriani


Così scrive Pettazzoni:
La grande epoca delle relazioni storiche, e quindi anche degli scambi storico-religiosi, fra il mondo ebraico e l'iranico, è quella persiana dell'impero degli Achemenidi, che s'inaugura con Ciro.
E' nota l'importanza ch'ebbe per i destini del popolo ebraico la conquista persiana di Babilonia (a. 538 av. Cr.). A Babilonia gli Ebrei erano numerosi, sin da quando vi erano stati deportati in massa dai rè Assiri, specialmente alla caduta di Gerusalemme (a. 586 av. Cr.). Ciro fu salutato come il liberatore. Da lui, e poi specialmente da Dario, ebbe origine il nuovo stato giudaico.

Il Giudaismo ha potuto essere considerato come una creazione persiana: certo, della Persia rimase soggetto e vassallo sino alla conquista greca. Furono tempi favorevoli alla penetrazione delle idee religiose.

I Persiani erano facilmente accessibili alle suggestioni straniere. Chiusa era, invece, la comunità giudaica. Ma il suo stesso esclusivismo apriva una via: l'apriva a quanti, non essendo giudei, aspiravano o acconsentivano a divenir tali. Infatti il proselitismo fu una caratteristica del Giudaismo. Lo esercitarono già in Babilonia i deportati durante la cattività, — tanto è vero che alcuni "convertiti" si trovarono tra loro sulla via del ritorno; lo esercitò la comunità centrale di Gerusalemme;lo esercitò la diaspora in tutti Ì tempi: basti citare, in piena epoca persiana, la colonia militare di Elefantine in Egitto.
Tutto ciò non interessa che indirettamente le origini del Zoroastrismo. II quale fu un moto religioso che nacque e si svolse nell'Iran. Non si vede come avrebbe potuto essere suscitato da una propaganda esercitata a Babilonia. E, in generale, i rapporti che il Giudaismo ebbe col mondo iranico, li ebbe con i Persiani: mentre le origini del Zoroastrismo sono, almeno questo è sicuro, extra-persiane. Tuttavia, poiché quell'elemento caratteristico ed essenziale ed originario del Zoroastrismo che è l'idea monoteistica trova il suo grande riscontro nella religione del popolo ebraico, sembra naturale che nell'indagare la genesi di quella, non si possa astrarre dal fatto che altre concordanze effettivamente esistettero fra Giudaismo e il Parsismo, e si debba tener conto del modo come queste si attuarono.Se esse meglio s'intendono come dovute a un processo storico di trasmissione, anzi che come risultati convergenti di evoluzioni indipendenti, vien fatto di domandarsi se questa concezione non sia da applicare anche alla concordanza del mono teismo.

Quella tendenza al proselitismo, che fu poi propria del Giudaismo in ogni tempo, forse si esercitò anche fuori di Babilonia e anche prima della cattività babilonese. Risalendo la storia d'Israele, c'imbattiamo in un altro momento in cui sembra anticipata una situazione storica assolutamente simile a quella che segui alla caduta di Giuda e di Gerusalemme (a. 586). E il momento della caduta d'Israele e di Samaria, quando Samaria, assediata già a lungo da Salmanasar IV, dovette finalmente arrendersi (sotto Sargon II: a. 722). Anche allora ebbe luogo, secondo il sistema dei conquistatori assiri, una deportazione dei vinti Israeliti in paese straniero. Allora avvenne che degli Ebrei furono distribuiti "parte in territorio assiro, parte nelle città dei Medi" (2 Rè XVII 6). Alla fine delI'VIII sec. il monoteismo era abbastanza largamente professato in Israele, se non dalla massa del popolo, certo negli ambienti che aderivano alla predicazione dei Profeti. Non sembra impossibile che alcuni dei deportati abbiano propagato la loro religione del dio unico nelle terre dove presero stanza: dunque anche nella "Media".La loro parola potè trovare eco tra gl'indigeni Irani, o più precisamente in un ambiente indigeno particolare, a ciò, forse, per speciali ragioni disposto. In tale ambiente, fra un più caldo fermento di vita religiosa suscitato da quella predicazione straniera, potè sorgere un uomo di grande fede che seppe far suo quel verbo importato, e adattarlo alla mente, all'anima, alla tradizione del suo popolo, imprimendovi forte il segno dello spirito iranico:uno spirito fattivo, combattivo, energetico, onde quel moto religioso si colorì in senso sociale, economico e civile.
Così potè nascere la Riforma di Zarathustra: nel corso del VII secolo a. C., in un punto dell'Iran nord occidentale. Questa, ripetiamo, è una ipotesi. Come tale, mentre non contradice a nessun dato positivo sicuro, e nemmeno si allontana di molto dalla cronologia tradizionale, ci sembra la più atta a dar ragione dei fatti storico religiosi.

Certo è che il monoteismo jahvistico, ed esso solo in tutta la storia religiosa dell'Oriente antico, offre un sorprendente riscontro al monoteismo etico e spirituale di Zarathustra. Ciò non basta ad affermare la derivazione storica di questo da quello come fatto accertato con piena soddisfazione di tutte le esigenze del giudizio critico. Bensì le vicende storiche generali, e in particolare le tendenze di quella prima forzata secolare diaspora ebraica sullo sfondo dei grandi imperi Orientali, fanno presente per lo meno la possibilità che l'ideale monoteistico e profetico sia stato trasmesso nel paese dei Medi, ed ivi abbia deposto il germe onde crebbe e maturò, in pieno ambiente iranico, la "Riforma" di Zarathustra.

Il popolo dei Medi si componeva, secondo la testi monianza di Erodoto, di sei tribù o genti. Una di esse era quella dei Magi. Ai Magi spettava l'esercizio del culto, e in genere delle cose concernenti la religione. Erano dunque i Magi, a quanto sembra, un organismo di carattere tribale, ma con funzioni sociali specializzate, analogamente a quel che furono, presso gli Ebrei, i Leviti. In questo ambiente sacerdotale una religione nuova, professata da stranieri, doveva suscitare un interesse e un'attenzione particolare.

La tradizione parsi, fa cominciare la predicazione di Zarathustra 272 anni prima della morte di Alessandro (323 a. Cr.), vale a dire circa il 600 a. C. E' probabile che Zarathustra sia nato e cresciuto tra i Magi, Mago egli stesso. Certo è che nei Magi sopratutto trovò gli oppositori più fieri della sua Riforma e i nemici più accaniti. Ed è naturale. L'idea monoteistica bandiva, insieme con i daeva (=gli dèi) il culto tradizionale a base di sacrifizi cruenti e di libazioni inebrianti di haoma. Di questo culto i Magi erano i ministri e i rappresentanti. Al ritualismo sacrificale Zarathustra sostituiva la preghiera, l'inno di gloria al Signore e la bontà delle opere. Vien fatto di pensare, per analogia, all'opposizione dei Brahmani contro Buddha. La lotta fu senza dubbio aspra fra i tradizionali su e i riformati. Un'eco ne giunse fino a noi attraverso le Gatha.

R.Pettazzoni -Gli Insegnamenti di Zarathustra-Meb Editrice






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