Home  ·  Contattaci  ·  NUOVO SITO WEB

Italiano



Vaticano 1


LA AUSCHWITZ DEL VATICANO
di Massimo Mazzucco
 
Chiesa e fascismo 
I concordati della Chiesa
All’alba della II Guerra Mondiale
CAVEAT: Questa pagina è ancora da completare e da verificare. E’ possibile che contenga qualche inaccuratezza storica.
INTRODUZIONE


 
Non è solo nei campi di concentramento tedeschi che trovarono la morte le vittime della persecuzione nazista nella II Guerra Mondiale. Nella neonata Repubblica di Croazia, fondata unilateralmente nel 1941 dal dittatore-fantoccio Ante Pavelic, furono selvaggiamente trucidati circa a mezzo milione di serbi, 40.000 ebrei, migliaia di Rom e altre etnie minori, nel famigerato campo di concentramento di Jasenovac, comandato dai frati francescani.

La vicenda di Jasenovac rappresenta una delle pagine più oscure di tutta la storia della Chiesa cattolica. Tutti i crimini commessi dal clero avvennero infatti sotto la diretta responsabilità del cardinale Stepinac, arcivescovo di Zagabria, con la diretta connivenza della Santa Sede, rappresentata in loco dal nunzio apostolico Ramiro Marcone.
Sono fatti sconvolgenti e difficili da accettare, che si possono comprendere solo se visti nella più ampia ottica del ventennio storico che precedette la Seconda Guerra Mondiale. Ma sono stati ampiamente documentati da diversi autori, jugoslavi e non, anche se ovviamente non hanno trovato eco sui media tradizionali, nè certamente se ne parla nei libri di scuola. Come ebbe a commentare Eleanor Roosevelt ad Avro Manhattan, lo scrittore che stava svolgendo ricerche sulle atrocità commesse dalla Chiesa in Croazia: 
"La Germania nazista non c’è più. La Chiesa cattolica è ancora fra noi, più potente che mai, con la propria stampa e la stampa mondiale ai suoi piedi. Qualunque cosa verrà pubblicata in futuro sulle atrocità non sarà creduta" [1-1]
Fu la Jugoslavia di Tito, dopo la guerra, a raccogliere e presentare al mondo la documentazione sui crimini di Jasenovac, che fu esposta al  Museo dell’Olocausto di Belgrado. Tale documentazione mostra in modo inconfutabile la complicità della Chiesa cattolica nel genocidio, sistematico e programmato, di tutti i non-cattolici che vivevano nella regione.
Come vedremo, il caso di Jasenovac non fu un evento isolato, ma solo l’episodio più eclatante di una politica di connivenza intrapresa dalla Chiesa nel periodo anteguerra con tutti gli stati nazi-fascisti di quell’epoca. 
 


 

NOTA STORICA
E’ assolutamente impossibile riassumere in poche righe la storia dei Balcani, che sono stati per oltre mille anni al centro di continui scontri, guerre, razzie, conquiste e devastazioni a causa della doppia molteplicità delle loro popolazioni, sia etnica che religiosa. Da una parte abbiamo serbi, croati, sloveni, montenegrini, albanesi, turchi, slovacchi, ungheresi e rumeni, che si sono divisi per secoli una terra poco più grande dell’Italia, e dall’altra abbiamo ebrei, cristiani cattolici, cristiani ortodossi e musulmani, che si sono mescolati fra loro nel corso degli anni in tutte le combinazioni possibili.
Ma è soprattutto attorno al conflitto fra cattolici e ortodossi, nato dallo Scisma d’Oriente (1054), che ruota l’interminabile spirale di violenza dei Balcani, di cui la recente guerra del Kosovo (1991) si può considerare l’amaro epilogo. La "spina nel fianco" per i cattolici è sempre stata l’etnia serba, di religione ortodossa, che ha più volte cercato di prendere il sopravvento nella regione, mettendo a rischio la sussistenza dei croati, e quindi della religione cattolica.
Non a caso il Vaticano ha sempre considerato la Croazia, fin dai tempi dell’Impero Austro-Ungarico, "l’ultimo baluardo" cattolico contro l’avanzata della religione ortodossa.
In proposito Annie Lacroix-Riz ha scritto: 
"Gli slavi cattolici (Croati, Dalmati e Sloveni), per quanto a volte ribelli, erano uno strumento prezioso nelle mani dello stato e della chiesa austriaci. Quest’ultima, per mezzo di un basso clero disciplinato, manteneva contro gli slavi ortodossi l’obbedienza e la coesione politica di questo intarsio di popolazioni." [1-2] 
Nel marzo del 1941, a pochi giorni dall’invasione tedesca della Yugoslavia – che avrebbe creato la nuova Repubblica di Croazia – l’arcivescovo di Zagabria Stepinac scriveva: 
"Tutto considerato, Serbi e Croati sono due mondi a parte, come il polo nord e il polo sud, e non potranno mai vivere uniti, se non per un miracolo divino. Lo scisma [la Chiesa ortodossa] è la più grande maledizione d’Europa, quasi peggiore del protestantesimo. Non vi è morale, non ci sono principi, nè verità, nè giustizia nè onestà." [1-3] 
A sua volta gli Imperi Centrali (Austria-Germania) hanno sempre coltivato mire di conquista verso la Serbia, che poneva un serio ostacolo al piano pan-germanico di espansione verso oriente ed i paesi arabi, rappresentato dal famoso progetto ferroviario Berlino-Baghdad.
Esisteva quindi già una naturale convergenza di interessi sul territorio serbo-croato, fra Vaticano e Austria-Germania, sin dal tempo degli Asburgo.
In questo grafico si possono vedere le variazioni dei confini fra i due blocchi, dal 1815 al 1918:
 


 

1815: L’impero Austro-Ungarico comprendeva Croazia e Dalmazia. Serbia e Bosnia erano sotto l’Impero Ottomano,
1908: Con la fine dell’impero Ottomano, l’Austria-Ungheria annetteva la Bosnia, mentre Serbia e Montenegro ottenevano l’indipendenza.
1913: La Serbia si compattava con il Montenegro, creando un fronte unito a sud dell’Impero Austro-Ungarico.
1918: Alla fine della I Guerra Mondiale, con il crollo l’Impero Austro-Ungarico, nasceva il Regno di Serbia, Slovenia e Croazia.
Questa nuova geografia, uscita dal trattato di Versailles (1918), aveva reso profondamente scontenta la Chiesa di Roma, che dopo aver perso la speranza di restaurare in cattolicesimo in Europa centrale, con la caduta degli Asburgo, si trovava ora la chiesa ortodossa alle porte d’Italia. A sua volta il Trattato di Versailles sembrava fatto apposta per scatenare le più virulente rivendicazioni nazionaliste all’interno della Germania sconfitta. Venne quindi naturale per la Chiesa di Roma guardare al nascente nazional-socialismo come futuro alleato, per riconquistare la supremazia religiosa in Europa Centrale, ed opporre un blocco compatto alla crescente minaccia comunista, nata dalla rivoluzione russa del ‘17. 
 


 

CHIESA E FASCISMO

Nel 1942 L. H. Lehmann scriveva: 
"Qualunque opinione oggi esprima la Chiesa cattolica su Hitler e sul nazi-socialismo, è al 100% con lui e con gli altri dittatori fascisti nel dichiarato intento di distruggere l’ordine politico e sociale uscito dalla Riforma, per sostituirvi una integrale confederazione gerarchica di stati positivamente cristiana, simile a quella che esisteva prima che il Protestantesimo distruggesse l’ordine autoritario delle cose in Europa Centrale." [1-4]
A sua volta Hitler non ha mai fatto mistero della propria scelta di campo rispetto alla religione: 
 

 
"Il partito come tale si basa sul punto di vista di un cristianesimo positivo" (dal  Programma del Partito Nazional-Socialista). [1-4]
 “Sono, sempre sono stato, e sempre rimarrò un cattolico”
– Adolf Hitler,  John Toland  “Adolf Hitler” p.507
"Ora la Chiesa cattolica è più sicura che mai. [...] rimarrà come un faro di luce” – Adolf Hitler, Leo Lehmann’s – Behind the Dictators, p26.
Si potrebbero riempire intere pagine di citazioni che trasudano di reciproca "simpatia" fra nazi-fascismo e Chiesa cattolica. Citazioni non sempre sincere, ovviamente, ma proprio per questo indicatrici dei molteplici interessi in comune, che portavano le due forze ad attrarsi reciprocamente. 
"Ho trovato interessante che il Papa mi abbia detto in quell’occasione: “la Germania deve diventare la spada della Chiesa cattolica.” Io gli ho ricordato che l’antico Impero Romano della nazione tedesca non esisteva più, e che la situazione era cambiata. Ma lui è rimasto fermo sulle sue parole." Kaiser Guglielmo, parlando di Leone XIII.  [1-5]
"Come molti altri conservatori cattolici, Pio XI considerava uno stabile regime fascista in Italia molto più solido come baluardo contro il comunismo di quanto lo sarebbero mai stati i governi democratici, con le loro coalizioni in continua mutazione "- Susan Zuccotti,  "Sotto le sue finestre" [1-6]


A partire dagli anni ‘20 inizia infatti quel lungo ed ambiguo percorso parallelo, fra Chiesa e nazi-fascismo, che li avrebbe visti camminare uniti fino alla II Guerra  Mondiale ed anche oltre. (Fu proprio il Vaticano, alla fine del conflitto armato, a dare asilo e ad aiutare molti gerarchi nazisti nella loro fuga verso il Sudamerica).
Al centro di questo cammino troviamo regolarmente la figura di Eugenio Pacelli, che compare prima come nunzio apostolico in Germania, poi come Segretario di Stato della Santa Sede, ed infine come papa, con il nome di Pio XII.
Tutti i rapporti della Chiesa con le altre nazioni sono stati regolamentati, ovunque possibile, da relativi concordati.
 


 

 

 I CONCORDATI DELLA CHIESA
Per "concordato" si intende un accordo ufficiale fra il Vaticano e uno stato straniero. E’ l’esatto equivalente dei "trattati" fra nazione e nazione. Nel periodo anteguerra la Chiesa aveva firmato concordati con tutti gli stati fascisti di quel periodo. 

CROAZIA
Nel 1855 il Vaticano aveva firmato un concordato con l’Impero Austro-Ungarico, che prevedeva libertà per le altre confessioni religiose, ma faceva di quella cattolica la religione ufficiale dell’Impero. Questo dava al Vaticano il controllo dell’educazione religiosa dei giovani, la gestione ed amministrazione dei matrimoni, l’autonomia di movimento e comunicazioni del clero, la giurisdizione sulle cause legali di tipo ecclesiastico, il diritto di ricevere introiti pubblici (tasse dallo stato), e la completa autonomia sulle nomine vescovili. [1-7]
Nonostante la caduta dell’Impero Austro-Ungarico, con il passaggio della Croazia al regno di Serbia, il concordato rimase valido "de facto" su tutto il territorio croato, per tornare ufficialmente in vigore con la creazione dello stato-fantoccio nazi-cattolico di Ante Pavelic (1941). 

ITALIA

Nel 1929, dopo estenuanti trattative segrete, a cui Pacelli partecipò attivamente, la Chiesa di Roma firmava con Mussolini i cosiddetti Patti Lateranensi. In base a questo concordato la Chiesa otteneva la restituzione di antiche proprietà terriere, la creazione del moderno stato Vaticano, una serie di vistosi privilegi per il clero, la gestione dei matrimoni e l’autorità sui divorzi, la parificazione delle scuole cattoliche a quelle statali, e una lauta "ricompensa" – pagata dal popolo italiano – per le espropriazioni subite nel secolo precedente. La religione cattolica divenne religione di stato, fu resa obbligatoria come materia scolastica fino alle scuole medie, e la Chiesa si riservò ovviamente il diritto di insegnarla. Il concordato prevedeva anche la "protezione" di Azione Cattolica, che era entrata in aperto contrasto con Mussolini, ma di fatto impegnava tutto il clero ad astenersi da qualunque attività di tipo politico.
Da parte sua la Chiesa riconobbe il Regno d’Italia, e da quel giorno offrì a Mussolini il pieno supporto politico, arrivando a definirlo "l’uomo della Provvidenza".
In realtà era stata la Chiesa fin dall’inizio, ad imporre le condizioni a Mussolini per restare al potere. In proposito lo stesso Duce ebbe a scrivere: [manca citazione].
Iniziava così un lento processo di "adozione" del fascismo da parte della Chiesa, mentre la nuova ideologia compenetrava progressivamente il tessuto sociale, al punto da rendere sempre più sottile la linea di demarcazione  fra l’aspetto politico e quello religioso del credo nazionale.
In proposito Tracy Koon ha scritto: 
"Gli anni fra il 31 e il 38 furono generamente cordiali nei rapporti fra chiesa e stato. A causa di questa apparente armonia, divenne sempre più difficile per i cattolici, fino alla fine degli anni 30, percepire le reali differenze fra la visione del mondo fascista e quella cristiana" [1-8]


Ma soprattutto, la Chiesa si mostrò perfettamente allineata con le nuove imprese militari del fascismo all’estero. Durante la campagna d’Africa i vescovi cattolici benedivano regolarmente le truppe in partenza per il fronte.
Su Civiltà Cattolica, Padre Messineo descrisse l’invasione dell’Etiopia come
 

"la restaurazione della vera fede contro gli errori religiosi, la superstizione e la schiavitù". [1-9]
Le poche voci isolate, contrarie a questo "matrimonio infernale" fra Chiesa e fascismo, finirono tutte inascoltate: nell’articolo «Vescovi sedotti dal fascismo», uscito sul Corriere della Sera dell’8 marzo 35, Alberto Melloni riassumeva il memoriale scritto in quell’anno da monsignor Domenico Tardini: 
 

«Mentre importanti cardinali italiani offrono un sostegno alla campagna militare e L’Osservatore Romano rimane in una posizione di prudente legittimazione della guerra, Tardini calcola e giudica le conseguenze sul clero, che ai suoi occhi rappresentano “il disastro più grande”: il diplomatico romano concede che esso debba essere disciplinato anche davanti al regime, ma osserva che “invece questa volta è tumultuoso, esaltato, guerrafondaio. Almeno si salvassero i vescovi. Niente affatto. Più verbosi, più eccitati, più… squilibrati di tutti”. Pronti a offrire oro alla patria con zelo sospetto “parlano di civiltà, di religione, di missione dell’Italia in Africa… E intanto l’Italia si prepara a mitragliare, a cannoneggiare migliaia e migliaia di etiopi, rei di difendere casa loro… Difficilmente poteva compiersi nelle file del clero un confusionismo, uno sbandamento, un disquilibrio più gravi e pericolosi”. [...] Tardini si rende conto che “la Chiesa d’Italia è accusata di essere in combutta col fascismo. E con la Chiesa d’Italia, la Santa Sede. Mai la Santa Sede ha passato – credo – un periodo più difficile di questo”, nel quale rischia di “compromettere seriamente per un secolo il prestigio morale” accumulato». LINK
Nel frattempo il cardinale di Milano Schuster, nel suo sermone in Duomo del 27 ottobre 1935, esaltava le imprese delle "valorose armate che aprono le porte dell’Etiopia alla fede cattolica e alla civilizzazione di Roma". [1-10]
Episodi come la morte di Padre Giuliani, il cappellano militare ucciso in Abissinia, venivano pubblicamente celebrati ed elevati ad atti di eroismo militare:
 


 Dal canto del Legionario
I morti che lasciammo a passo Uarieu
sono i pilastri del romano Impero.
Gronda di sangue il gagliardetto nero
che contro l’Amba il barbaro inchiodò.
Sui morti che lasciammo a passo Uarieu
la Croce di Giuliani sfolgorò. Duce!
Per il Duce e per l’Impero eja eja Alalà! Alalà!
"Ma la mitragliatrice non la lascio!"
gridò ferito il legionario al passo.
[giuliani]

Mentre offriva apertamente il suo supporto alla conquista militare, nessun esponente del clero si preoccupò mai di denunciare le azioni criminali che venivano compiute a cielo aperto dalle nostre armate contro le popolazioni locali. 
Si giunse così alle soglie della guerra mondiale con una completa fusione di ideali e finalità pratiche, fra Chiesa e fascismo, ben difficile a quel punto da risolvere per chiunque.  

SPAGNA
Lo stesso tipo di incoraggiamento da parte del Vaticano fu riservato al fascismo spagnolo, con il Papa in persona che arrivò a dare la benedizione alle truppe italiane che partivano per combattere al fianco del generalissimo Franco. Più tardi, nel ricevere a Castelgandolfo 500 profughi spagnoli, in maggioranza sacerdoti e religiosi, Pio XI dichiarò: 
"La nostra benedizione vada in modo particolare a coloro che si sono assunti la difficile e pericolosa missione di difendere e restaurare i diritti e l’onore di Dio e della religione" [1-11]
Sul finire degli anni ‘20 in Spagna era ancora in vigore il concordato firmato dalla Chiesa con la Regina Isabella nel 1851. Questo concordato, nato dalla comune paura dei potenti per le nascenti democrazie, stabiliva che quella cattolica fosse l’unica religione tollerata nel paese, riservava alla Chiesa tutti i "diritti divini stabiliti dal Canone", e dava al clero il completo controllo dell’educazione e della stampa. In questo modo non era più necessario bruciare i libri proibiti, come durante l’Inquisizione, bastava semplicemente vietare di stamparli. LINK
Ma la imprevista vittoria elettorale delle sinistre, che portò alla nascita della Seconda  Repubblica (1931), pose improvvisamente fine ai privilegi della Chiesa e della nobiltà spagnole. La nuova costituzione introduceva la  libertà di espressione, la separazione fra Stato e Chiesa, il diritto al divorzio, la perdita di tutti i privilegi nobiliari, e il suffragio universale per le donne.
Decisamente troppo per una Chiesa abituata a farla da padrona in una terra in cui il suo volere era stato sempre rispettato, fin dal tempo dei Re Cattolici.
Se in Germania e Italia l’alleanza col nazi-fascismo era stata perseguita con un minimo di pudore esteriore, in Spagna il clero non ebbe la minima remora a mostrarsi apertamente a favore del  nuovo fascismo, che incitava apertamente, con il passare dei mesi, alla "rivolta armata" contro il marxismo dei "senzadio".  


Non ci volle molto perchè il termine "rivolta armata" venisse sostituito da quello, molto più appropriato – secondo la Chiesa -  di "crociata".
Sopra: Un breve estratto dal famoso documentario "Mourir a Madrid" di Fredric Rossif, che permise al mondo di conoscere il vero volto della Guerra Civile spagnola.
Nel 1936 l’arcivescovo di Saragozza Domenech dichiarò che "la violenza non si fa al servizio dell’anarchia, ma in modo legittimo soltanto a beneficio dell’ordine, della patria e della religione". LINK

Il 30 settembre 1936 il vescovo di Salamanca Enrique Pla y Daniel pubblicava una lettera pastorale in cui dichiarava che lo scontro cruento fra i cittadini spagnoli "riveste sì l’aspetto esteriore di una guerra civile, ma è in realtà una crociata" … "una crociata per la religione, per la patria e per la civiltà". LINK
Il canonico di magistero di Salamanca, Albarràn, aveva pubblicato nel 1934 un libro intitolato "Diritto alla ribellione", nel quale incitava alla rivolta armata contro l’ordine costituito (la Repubblica Spagnola, che fu rovesciata da Franco, era nata legittimamente, per volere popolare). Dopo la vittoria nella Guerra Civile ne pubblicò un altro, intitolato "Guerra Santa", nel quale definiva più volte "guerra santa" lo scontro appena terminato, e sottolineava come tala guerra fosse stata incoraggiata e benedetta dalla chiesa cattolica.
Voci importanti risuonavano ovunque, inculcando nel subconscio degli spagnoli il senso di una crociata religiosa: 
Francisco Franco: "Noi siamo cattolici. In Spagna, o sei cattolico o non sei nulla".  
Il capo di Azione Cattolica: "Crociati di Spagna! Dobbiamo vincere, come hanno sempre vinto gli spagnoli, la spada in mano, l’eroismo nel cuore, e la preghiera sulle labbra".
Il reverendo padre Ignazio Mendez Reygada: "Il sollevamento non è stato solo giusto, è stato doveroso. La guerra nazionale spagnola è una guerra santa, la più santa che la storia abbia conosciuto".
L’arciprete di Burgos: "Voi che mi ascoltate, voi che vi chiamate cristiani, non abbiate perdono per i distruttori delle chiese, e per gli assassini di San Pietro. Che la loro stirpe sia distrutta, la stirpe malvagia, la stirpe del demonio, perchè in verità i figli di Belzebù sono anche i nemici di Dio". [1-12]
Non a caso fu proprio nella Guerra Civile spagnola che si assistette per la prima volta al coinvolgimento diretto del clero nella lotta armata.
 

Sopra: Preti armati nella Plaza de Toros di Siviglia, in seguito trasformata in campo di prigionia.
Sotto a sinistra:  Anche i frati francescani parteciparono attivamente alla lotta armata, mentre i cappellani militari (sotto a destra) davano regolarmente l’assoluzione anticipata ai franchisti per le carneficine dei "comunisti" che si apprestavano a compiere.
 


Questa indissolubile commistione di intenti fra Chiesa e fascismo continuò anche dopo la guerra, con la celebrazione religiosa di tutti i morti sul fronte fascista. Nel 1938 un decreto del Capo di Stato stabiliva "previo accordo con le autorità ecclesistiche" che "sui muri di ogni parrocchia compaia una lapide con i nomi dei suoi Caduti, nella presente Crociata, già vittime della rivoluzione marxista".
Tutti i preti morti per mano dei"rossi" venivano automaticamente elevati a rango di martire. (Curiosamente, in questo caso era lo stesso "martire" ad aver aggredito una nazione con un governo legittimamente eletto).
Con il trionfo del franchismo in Spagna ebbe inizio una dittatura basata su un sodalizio con la Chiesa che sarebbe durato fino alla morte del Generalissimo, avvenuta nel 1975. Questo sodalizio aveva trovato un nome sin dal momento della diffusione dell’ideologia fascista in Spagna: "Nazional-cattolicesimo". 
"Nazional-cattolicesimo: parte dell’identità ideologica del franchismo … La sua manifestazione più visibile fu l’egemonia della chiesa cattolica in tutti gli aspetti della vita pubblica e privata". [1-13]



Naturalmente ci si domanda se sarebbe mai nata, e quanto sarebbe durata, una dittatura come quella di Franco, se invece di appoggiarla fin dal primo giorno la Chiesa l’avesse apertamente osteggiata. Il potere del pulpito religioso, specialmente nei paesi di lunga tradizione cattolica, è forse meno penetrante ed efficace di quello politico? 

PORTOGALLO

Parallelamente alla Spagna, la Chiesa appoggiò anche la nascita della dittatura fascista in Portogallo, che sarebbe durata dal 1932 fino al 1975. Nel 1940 la Chiesa avrebbe formalizzato i rapporti con la seconda nazione iberica, firmando un concordato con il dittatore Salazar.
Accanto al regolare concordato fu firmato anche il cosiddetto Accordo Missionario, che estendeva i diritti ecclesiastici a tutte le colonie dell’Impero Portoghese (Angola, Mozambico, Timor, Guinea, ecc.). I vari territori sarebbero stati suddivisi in diocesi, con ampi poteri e privilegi concessi ai prelati locali.
Fra i privilegi c’era anche quello di ammettere  missionari di altre nazioni solo se accettassero di sottomettersi pienamente al controllo del clero locale.  LINK

 


 

 

 

 

GERMANIA

Una dinamica simile a quella italiana si verificò in Germania, dove nel ‘33 il Segretario di Stato vaticano Pacelli firmò il Reichskonkordat con il braccio destro di Hitler, Fritz von Papen. Anche qui la Chiesa di Roma otteneva, fra le altre cose, il diritto di insegnare la religione cattolica nelle scuole tedesche, libertà di movimento e comunicazioni del clero sul territorio, il diritto di incassare tasse ecclesiastiche, ed altri privilegi di minore importanza.
 


In cambio Hitler aveva ottenuto il primo riconoscimento ufficiale della nuova Germania da uno stato straniero, e la collaborazione della Chiesa nel mettere al bando le forze politiche cattoliche tedesche, che rappresentavano un grosso ostacolo sul percorso del nazionalsocialismo. La stessa cosa aveva ottenuto Mussolini in Italia, dopo la firma dei Patti Lateranensi, con la progessiva emarginazione dalla vita politica di Azione Cattolica, ottenuta con il contributo del Vaticano. La Chiesa stessa non amava in particolar modo queste nuove organizzazioni politiche, che erano in grado di sfuggire al suo diretto controllo, e per quanto fingesse di difenderle pubblicamente, fu ben contenta di "sacrificarle" sull’altare della nascente alleanza con il nazifascismo.
A questo proposito LEHMANN scrive: 
"Il Vaticano aiutò ad eliminare i partiti popolari cattolici sia in Italia che in Germania, centralizzando tutte le questioni politiche su Roma. Questo garantiva ai dittatori libertà da una interferenza popolare da parte dei cattolici, e stabiliva un regime più dittatoriale nella stessa chiesa cattolica."  [1-14]


Sembra che vi fosse anche un supplemento segreto al concordato tedesco, la cui esistenza non è mai stata riconosciuta ufficialmente dal Vaticano, che stabiliva diritti e doveri del clero "nel caso di un cambiamento nelle forze armate tedesche, nel senso di una chiamata obbligatoria alle armi". In altre parole, nonostante il Trattato di Versailles proibisse esplicitamente il riarmo della Germania, nel ‘33 c’era già chi pensava che sarebbe avvenuto, e si preparava ad affrontarlo in maniera adeguata. (Link)
L’importanza del Reichskonkordat, e la chiara presa di posizione della Chiesa a favore del Reich, furono sottolineate con enfasi nel 1937 dal cardinale Faulhaber: "In un momento in cui i capi di stato delle maggiori potenze mondiali guardano con fredda riserva e notevole sospetto alla nuova Germania, la Chiesa cattolica, la più grande autorità morale sulla terra, ha espresso attraverso il Concordato la sua fiducia nel nuovo governo tedesco". (Link)
Quattro giorni dopo la propria elezione a pontefice, il 2 marzo 1939, Pio XII scriveva a Hitler:
 

“All’illustre Herr Adolf Hitler, Fuhrer e Cancelliere del Reich tedesco. All’inizio del nostro pontificato desideriamo assicurarle che continueremo a impegnarci per il benenessere spirituale del popolo tedesco, che confida nella sua guida……Ora che le responsabilità della Nostra funzione pastorale hanno accresciuto le Nostre opportunità, preghiamo più ardentemente per il raggiungimento di questo obiettivo. Che la prosperità del popolo tedesco e il suo progresso in tutti i campi, con l’aiuto di Dio, possano compiersi.”
 


 

(mancano)
BELGIO
AUSTRIA


 


ALL’ALBA DELLA II GUERRA MONDIALE

Se si considera il supporto complessivo dato dalla Chiesa ai vari stati fascisti nel periodo anteguerra, non può non emergere una profonda compicità ideologica che andava ben oltre l’eventuale vantaggio momentaneo, a favore di una visione del mondo in cui ritornasse a trionfare lo stesso tipo di autorità centralizzata e gerarchica, di discendenza divina, che già aveva caratterizzato l’Impero d’Asburgo, e prima ancora il Sacro Impero Romano.
Come aveva fatto fin dai tempi di Costantino, la Chiesa dava a imperatori e dittatori l’avallo morale per le loro imprese di conquista, e i dittatori davano alla Chiesa gli eserciti per combatterle e portarle a termine nel comune interesse.
Pur non avendo avuto mai un esercito, infatti, la Chiesa ha combattuto nella storia più guerre di chiunque altro, facendolo sempre con le armate altrui. Imperatori, re e dittatori andavano e venivano, mentre la Chiesa è sempre rimasta al centro di tutte le battaglie, riuscendo ogni volta ad riemergere intatta da guerre e carneficine di dimensioni apocalittiche.
Grazie alla nuova alleanza con il nazi-fascismo, all’alba del conflitto mondiale la Chiesa sembrava disporre della più potente ed invincibile armata mai assemblata nella storia, disposta a distruggere intere nazioni per riaffermare nuovamente il predominio di Roma e della religione cattolica sul resto del mondo.
E’ in questo clima di neo-imperialismo a carattere religioso che si inserisce la vicenda della Croazia di Ante Pavelic, lo stato-fantoccio creato da Hitler e Mussolini con l’appoggio del Vaticano, per lanciare la conquista della Russia e per ristabilire al più presto il "baluardo" cattolico a est della frontiera italiana.

 LA AUSCHWITZ DEL VATICANO
Seconda parte
I BALCANI NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
IL RUOLO DELL’ITALIA 
 


I BALCANI NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

Questa cartina militare tedesca descrive la compenetrazione delle varie etnie all’inizio della II Guerra Mondiale, in quello che allora era il Regno di Jugoslavia. Come si può vedere, il blocco occidentale dei Serbi ("zona 1"), di religione ortodossa, rappresentava un ostacolo insormontabile per l’unità dei croati, di religione cattolica.

Il 10 Aprile 1941 la Germania di Hitler invase in Regno di Jugoslavia, e creò lo stato-fantoccio chiamato Repubblica Indipendente di Croazia, con a capo il dittatore Ante Pavelic.
Nella cartina sotto la ripartizione dei Balcani nel 1942, dopo l’invasione tedesca e lo smembramento della Jugoslavia. L’alleanza nazifascista controllava ora Croazia, Bosnia, Montenegro e Albania, avendo costretto il resto dell’etnia serba nell’ex-territorio della "zona 2". Tutti i serbi che vivevano nella zona 1 furono uccisi, scacciati o convertiti di forza al cattolicesimo.  Ma i convertiti e gli scacciati furono solo un’esigua minoranza.

In seguito nacque in Serbia (ex-zona 2) il movimento dei Partizan jugoslavi (fra cui c’era il futuro Maresciallo Tito), che oppose una tenace resistenza all’occupazione e all’avanzata germanica. Secondo molti storici fu proprio questa resistenza a rallentare le armate di Hitler a sufficienza da impedirgli di arrivare a Mosca prima dell’inverno (1943), gettando così le basi per la sua sconfitta nella II Guerra Mondiale.
IL RUOLO DELL’ITALIA

Per quanto non abbia partecipato militarmente all’invasione del 10 Aprile 1941, l’Italia aveva provveduto all’addestramento militare degli Ustasha, che sarebbero insorti nel territorio croato come "quinta colonna" al momento dell’invasione tedesca.

Addestramento militare degli Ustasha in Italia, nelle vicinanze del loro campo, prima dell’attacco alla Jugoslavia.

Il generale Mario Robotti della II Armata italiana incontra Ante Pavelic per discutere il coordinamento delle azioni militari nella Jugoslavia occupata.
In cambio della sua collaborazione, l’Italia ebbe l’Istria e la Dalmazia, parte della Slovenia e parte della Bosnia (zona in grigio), che rimasero sotto il suo controllo fino al 1943.

Nei territori occupati dall’Italia l’assoggettamento delle popolazioni non fu meno brutale di quello operato dai nazisti o dagli Ustasha. Le fucilazioni dei cosiddetti "ribelli" erano all’ordine del giorno anche da noi.

SOPRA: Italiani fucilano ostaggi in Montenegro. SOTTO: Un generale italiano controlla personalmente la fucilazione dei combattenti jugoslavi catturati nel villaggio di Larati, in Slovenia.

In una lettera alla Questura di Zara, il comandante del campo di concentramento di Melada facevo una richiesta urgente di 50 rulli di filo spinato:

"Faccio presente – si legge nel documento – che si rende assolutamente necessaria la recinzione completa del campo, onde evitare fughe da parte di qualche internato. A tale proposito bisogna rilevare che quando si presenta la motobarca di cod. Questura per prelevare gli ostaggi da fucilare, nel campo si nota un certo orgasmo, e c’è da temere che qualcuno, per paura di essere prelevato, tenti l’evasione per sfuggire alla fucilazione."

I rastrellamenti svuotavano interi villaggi, favorendo in questo modo il progetto di "pulizia etnica" di Ante Pavelic.

Soldati italiani conducono un "rastrellamento": masse di persone vengono portate ai campi di concentramento

Anche le rappresaglie erano diventate una routine in tutta la zona occupata, per obbligare i partigiani a consegnarsi e venire deportati.

Nè furono più teneri gli italiani al momento della loro ritirata, nel 1943. Ovunque passavano lasciavano alle proprie spalle morte, devastazione e villaggi bruciati.

SOPRA: Il villaggio di Goraji Orahovac, nella Boka Kotorska, fu totalmente incenerito dagli italiani. SOTTO: Gli italiani si concedono un riposo, dopo aver dato alle fiamme un villaggio appena attraversato.

Sulle macerie di un villaggio dalmata campeggia uno slogan di Mussolini: "L’odio giusto che vive nell’anima dei giovani popoli ha scelto: vinceremo!"

In "Scaramucce sul lago Ladoga,"  Roberto Bassi ricostruisce le peregrinazioni di una famiglia di veneti ebrei durante il fascismo. Particolarmente significativa questa testimonianza dell’allora Ammiraglio della Regia Marina italiana, Polacchini, riferita a Zagabria, nel ‘42-’43: "Dei manifesti informano la popolazione che vi sarebbe stata una distribuzione straordinaria di carne. Qualche faccia sconvolta mi ha indotto ad avvicinarmi con il mio attendente a una macelleria del centro. Ai ganci del negozio sono appesi, con gli abiti insanguinati, molti uomini. Scritte in croato dicono: questa è l’unica carne che vi meritate, quella dei ribelli che si oppongono all’Italia." L’ammiraglio protesta, ma la risposta è che sono i fascisti italiani e gli ustascia croati a comandare.   LINK

L’avventura italiana in Istria e Dalmazia rappresenta ovviamente un capitolo a parte nella storia della Seconda Guerra Mondiale, ma è interessante notare quanto il nostro intervento militare abbia influito sulle vicende interne jugoslave, e soprattutto sul genocidio dei serbo-ortodossi nell’ambito del progetto di totale cattolicizzazione della Jugoslavia.
In questo rapporto a Mussolini, Italo Sauro – responsabile italiano per i territori slavi conquistati – sottolineava la necessità di arrivare alla completa "eliminazione dello slavismo". Nella stessa pagina leggiamo anche: "La lotta dovrà esser anzitutto precisa onde, ad esempio, ad un prete slavo si dovrà sostutuire un prete italiano che parli slavo, e ciò perchè in un primo tempo è bene agire lentamente per non provocare troppe opposizioni e andare facilmente in profondità. Il prete slavo dovrà in ogni caso essere prima affiancato a un italiano, e poi eliminato".

Nuovamente, la spada e la croce unite nel connubio inestricabile coltivato dalla Chiesa per quasi due millenni.
Tutte queste vicende infatti andrebbero inquadrate nel più ampio disegno delle alleanze storiche fra il Vaticano e i vari stati nazifascisti – Spagna, Italia, Germania, Portogallo, Belgio, Austria, Croazia – nate a partire dalla fine degli anni ‘20 con lo scopo di ristabilire un "impero centrale", cattolico e assolutista, sulla falsariga dei grandi imperi del passato, imperniati sul concetto centrale di "romanità".

LA AUSCHWITZ DEL VATICANO
Terza parte
L’ALLEANZA FRA CHIESA E USTASHA
LE COLPE DI STEPINAC E DEL CLERO CATTOLICO IN CROAZIA


 

L’ALLEANZA FRA CHIESA E USTASHA


Insieme all’alleanza fra Chiesa e nazi-fascismo erano nate anche le prime strategie congiunte fra Roma e Berlino per riconquistare la Croazia e ristabilire il "baluardo cattolico" a est dell’Italia. Come vedremo in seguito, questa strategia prevedeva la partecipazione attiva del clero cattolico, e soprattutto dei frati francescani.
L’idea centrale fu la creazione di una "quinta colonna" sul territorio croato, che fosse pronta ad intervenire di sorpresa, alla prima occasione utile. L’ "occasione utile" sarebbe stata l’invasione armata della Jugoslavia da parte di tedeschi, avvenuta nella primavera del 1941. Determinante fu infatti il "tradimento" dei corpi Ustasha già presenti sul territorio, che gettarono lo scompiglio nelle retrovie dell’esercito jugoslavo, tagliando i collegamenti, bloccando i rifornimenti, e massacrando interi battaglioni con agguati improvvisati.
Da parte sua l’Italia aveva dato protezione ad Ante Pavelic – che era ricercato dalla Francia per l’assassinio del re Alessandro a Marsiglia – durante il periodo di preparazione, mentre addestrava militarmente i futuri Ustasha nelle vicinanze del confine jugoslavo.
Quattro giorni dopo l’invasione dei tedeschi, Pavelic si trasferì ufficialmente in Croazia, dove Hitler lo mise a capo dello stato-fantoccio chiamato Repubblica Indipendente di Croazia.
Uno dei primi a dargli il benvenuto fu l’arcivescovo di Zagabria, Mons. Alojsius Stepinac, che si recò personalmente a stringergli la mano. Così Stepinac accolse l’arrivo di Pavelic a Zagabria:

"Dio, che dirige il destino delle nazioni e controlla il cuore dei Re, ci ha dato Ante Pavelic, e ha portato il leader del popolo amico e alleato, Adolf Hitler, a usare le sue truppe vittoriose per disperdere l’oppressore… Gloria a Dio, la nostra gratitudine ad Adolf Hitler, e la nostra fedeltà al nostro Poglavnik, Ante Pavelic". [3-1]


Dopodichè organizzò un pranzo di benvenuto per gli Ustasha che rientravano dai campi di addestramento all’estero.


A SINISTRA, SOPRA: L’arcivescovo Stepinac festeggia con una colazione un gruppo di emigranti Ustasha al ritorno dai campi speciali in Italia e Ungheria. A SINISTRA, SOTTO: L’arcivescovo Stepinac e Pavelic in conversazione amichevole. A DESTRA, SOPRA: L’arcivescovo Stepinac e altri dignitari ecclesiastici attendono Ante Pavelic, il suo governo e i suoi delegati sul sagrato della cattedrale di S. Marco a Zagabria, per la messa rituale in occasione dell’apertura del parlamento, nel 1942. A DESTRA, SOTTO: Pavelic arriva alla cattedrale di Zagabria nel giorno dell’apertura del parlamento croato, e viene ricevuto dall’arcivescovo Stepinac.
Due settimane dopo, il 28 aprile, Stepinac scrisse questa lettera pastorale a tutte le diocesi della Croazia:
"Onorevoli fratelli, non c’è uno di noi che non abbia assistito di recente al più significativo evento nella vita del popolo croato, nel quale noi svolgiamo il compito di annunciare la parola di Cristo. Questi sono eventi che hanno realizzato un lungo sogno e un ideale desiderato dalla nostra gente…  Vi invito quindi a rispondere alla mia chiamata di svolgere un importante lavoro per la protezione e il progresso dello Stato Indipendente di Croazia. Date prova di voi, onorevoli fratelli, e fate il vostro dovere verso il giovane Indipendente Stato di Croazia." [3-2]
Stepinac quindi, nel suo ruolo di arcivescovo e capo della Chiesa croata, incitava ufficialmente i cattolici a implementare un programma – quello degli Ustasha – che era stato molto chiaro fin dall’inizio: sterminare un terzo dei non-cattolici (cristiano-ortodossi, ebrei e Rom) presenti nella zona conquistata, convertirne forzatamente un terzo, e cacciare i rimanenti fuori dal paese.
 

 
Il pio cattolico Dr. Mile Budak, Ministro dell’Educazione e della Cultura, ha detto il 22 luglio 1941: "La base del movimento Ustasha è la religione. Per le minoranze come i serbi, gli ebrei e gli zingari abbiamo tre milioni di pallottole. Uccideremo una parte dei serbi. altri li deporteremo, e obbligheremo il resto ad accettare la religione cattolica. La nuova Croazia sarà liberata da tutti i serbi al suo interno, e arriverà entro 10 anni ad essere cattolica al 100%." [3-3]
Solo con un estremo fanatismo religioso si può comprendere la brutalità selvaggia, unita alla gioia assassina che spesso si legge sui volti dei carnefici, con cui veniva condotto il massacro sistematico dei serbi ortodossi.
 


 A SINISTRA: il boia Ustasha sorride per l’obiettivo, mentre decapita con un colpo d’ascia un contadino serbo.
A DESTRA: Ustasha mostrano la pistola, il coltello e la sega da falegname che useranno per uccidere il serbo catturato.
Sotto: Stepinac presenzia ad una cerimonia congiunta fra italiani, tedeschi e Ustasha. Il vero denominatore comune, fra le varie potenze del nazifascismo, sembra essere costantemente la Chiesa cattolica.
 


Il generale italiano Roatta (4) con il generale tedesco Gleise Horstenau (2), von Troll, Cancelliere dell’ambasciata tedesca (1), Slavo Kvaternik, "maresciallo" dello "Stato Indipendente di Croazia" (3) e l’arcivescovo Stepinac (5). [3-4]
Vediamo ora nel dettaglio come avvenne la preparazione del sollevamento armato degli Ustasha sul territorio jugoslavo, in attesa dell’invasione dei tedeschi. 
 


 

LE COLPE DI STEPINAC
E DEL CLERO CATTOLICO IN CROAZIA


Come abbiamo detto, la quinta colonna croata era nata grazie all’alleanza segreta fra gli Ustasha, l’organizzazione degli indipendentisti croati (definiti "terroristi" dal governo jugoslavo) e le organizzazioni "attiviste" cattoliche che ruotavano intorno ai conventi dei frati francescani in Croazia.
Tutti questi conventi, come tutte le azioni compiute del clero in Croazia, ricadevano sotto la responsabilità diretta dell’Arcivescovo di Zagabria, Mons. Alojzije Stepinac.
In proposito Avro Manhattan ha scritto:
 

 
"Mentre i compari fascisti del Vaticano si davano da fare per organizzare attività politiche o terroristiche, la diplomazia cattolica – come già avvenuto in Spagna, Austria, Cecoslovacchia, Belgio e Francia – si mise in vista con la promozione di una poderosa quinta colonna cattolica. Questa, che aveva già indebolito la struttura interna dell’unità jugoslava, era costituita da tutti quei croati contagiati dal fanatismo nazional-religioso della gerarchia cattolica di Croazia, e da una armata nazionalista illegale composta da bande di terroristi cattolici, chiamati Ustasha, guidati da Ante Pavelic, supportati da Vladimir Macek, il leader del Partito Contadino Croato, che nel 1939 si era adoperato per far finanziare da Mussolini il movimento separatista croato con 20 milioni di dinari, e dall’arcivescovo A. Stepinac, il capo della gerarchia cattolica in Croazia. " [3-5]
Nel 1947 l’ambasciata jugoslava a Washington ha pubblicato un documento ufficiale nel quale riassume i più importanti capi d’accusa contro Stepinac e contro il suo clero, relativi alle azioni compiute in Croazia prima e durante la II Guerra Mondiale. Sono sostanzialmente gli stessi capi d’accusa che il governo jugoslavo imputò a Stepinac durante il processo contro di lui, che si concluse con la sua condanna a 16 anni di carcere. Dopo averne trascorso 5 in prigione, il resto della pena gli fu commutato in arresti domiciliari. Secondo i difensori della Chiesa, questo processo fu solo un atto di banale "propaganda" da parte di uno stato comunista.
Non si comprende peraltro chi mai avrebbe dovuto denunciare quei crimini, se non il popolo stesso che li aveva subiti.
Altri hanno voluto dipingere il processo come una "persecuzione religiosa" della Chiesa cattolica, che di recente ha beatificato Stepinac, definendolo un vero e proprio "martire".
Un capovolgimento davvero singolare, per una Chiesa accusata di genocidio, specialmente se si considera che i capi d’accusa contro Stepinac non sono mai stati nè contestati nè smentiti da nessuno.
Si presume infatti, di fronte ad accuse così gravi, che sarebbero state smentite con sdegnato clamore, se solo fosse stato possibile farlo. Se inoltre a Chiesa fosse innocente, avrebbe richiesto una altisonante correzione pubblica da parte del governo jugoslavo, oltre naturalmente ad un nuovo processo, che sgombrasse il campo da qualunque malinteso. Invece ha preferito passare tutto sotto silenzio, limitandosi a parlare di "propaganda comunista" quando accusata apertamente di quei crimini.
Come si legge nell’introduzione a "L’arcivescovo del genocidio", di Marco Aurelio Rivelli: 
"… è difficile contestarne i contenuti solo atteggiandosi a martiri di fronte a un supposto “sentimento anticattolico”: qui Marco Aurelio Rivelli, analogamente a quanto ha fatto per Dio è con noi, ha lasciato parlare i documenti ufficiali e ha limitato al minimo i suoi commenti. E i documenti ufficiali sono difficili da smentire." [3-6]

IL CASO DELL’ARCIVESCOVO STEPINAC
Pubblicato dall’Ambasciata della Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia nel 1947
°°°

INTRODUZIONE
Quando Adolf Hitler, nel mettere in atto il suo progetto di conquista dell’Europa e del mondo, attaccò il Regno di Jugoslavia, il 6 aprile 1941, fu subito chiaro che la Wehrmacht tedesca avesse a disposizione un poderoso gruppo di traditori all’interno dello stato jugoslavo.
Sin dall’inizio l’esercito jugoslavo, impegnato in un confronto mortale con le forze decisamente superiori dell’invasore nazista, dovette guardarsi da bande di soldati che lavoravano per il nemico alle sue spalle. 
Queste erano le cosiddette formazioni terroristiche Ustasha, che agivano in stretta collaborazione e a volte sotto la guida diretta del clero cattolico che faceva parte degli Ustasha, mettendo in pericolo le linee di comunicazione dell’esercito jugoslavo in combattimento, attaccando e disarmando le unità isolate dell’esercito.
Duramente colpito nello scontro con la Wehrmacht e pugnalato alla schiena dagli Ustasha, l’esercito jugoslavo resistette eroicamente per due settimane, prima di essere sconfitto. Dopo la sconfitta dell’esercito jugoslavo una parte del paese fu occupato dalla Wehrmacht, una parte fu data agli Ustasha, che misero in piedi uno stato-fantoccio nazista denominato Stato Indipendente della Croazia. Fin dall’inizio fu subito chiaro che il potere in questo stato-fantoccio era interamente nelle mani degli Ustasha e dei loro collaboratori ai bassi e alti livelli del clero cattolico. 
Una ondata di terrore attraversò immediatamente il nuovo stato della Croazia. Il programma degli Ustasha prevedeva che dei 2.000.000 di serbi presenti in Croazia un terzo fosse ricacciato nel territorio serbo, un terzo venisse ammazzato, e il resto venisse obbligato, sotto minaccia di torture e di morte, a convertirsi al cattolicesimo. Degli 80.000 ebrei presenti in Jugoslavia 60.000 furono uccisi, in gran parte in Croazia. Come vedremo nei capitoli seguenti, sulla base di prove documentali, queste atrocità quasi incredibili furono commesse con la piena conoscenza e il supporto attivo di una parte della gerarchia cattolica in Croazia. L’arcivescovo Stepinac era il responsabile a capo di questa gerarchia. 
L’indagine della Commissione jugoslava sui Crimini di Guerra ha stabilito che l’arcivescovo Stepinac ha avuto un ruolo primario nella cospirazione che ha portato alla conquista e alla distruzione del Regno di Jugoslavia. È stato inoltre stabilito che l’arcivescovo Stepinac ha avuto un ruolo nel governare lo stato-fantoccio nazista della Croazia, che molti membri del suo clero hanno partecipato attivamente ad atrocità e omicidi di massa, e infine che hanno collaborato col nemico fino all’ultimo giorno del comando nazista, ed hanno continuato anche dopo la liberazione a cospirare contro la neonata Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia. 
(continua…)
  

L’arcivescovo Stepinac durante una seduta del parlamento Ustasha, del quale era membro regolare con ad altri 10 prelati. ( … continua)
Per comprendere a fondo il ruolo dell’arcivescovo Stepinac nei cruciali anni che hanno preceduto la guerra, come durante la guerra stessa e dopo la liberazione della Jugoslavia, è necessario ricordare la lotta secolare che i popoli slavici meridionali, serbi, croati, sloveni e macedoni hanno condotto nei secoli per ottenere la loro indipendenza
I popoli slavi dei Balcani hanno una gloriosa tradizione come fierii e tenaci combattenti in difesa della loro tradizione religiosa e dell’indipendenza nazionale. Nei 500 anni di dominio turco sui Balcani, i serbi hanno formato il cuore del movimento di resistenza. Quando, nel corso del secolo scorso, l’antico impero ottomano iniziò a declinare, i popoli balcanici raggiunsero la loro indipendenza nazionale. Ma i grandi poteri divisero i Balcani in piccoli stati che divennero così pedoni nel grande gioco degli intrighi delle potenze europee. 
Fu soprattutto la Germania imperiale, insieme al vecchio Impero d’Asburgo, a perseguire un programma di dominazione dei Balcani. Questo antico progetto di conquista pan-germanico, conosciuto anche come il Progetto Ferroviario Berlino-Baghdad, minacciava punti vitali e linee di comunicazione dell’impero inglese e portava inoltre una grave minaccia alla Russia. Fu questa politica di aggressione austro-germanica contro il Balcani, e specialmente contro la Serbia, che finì per provocare la Prima Guerra Mondiale.
 (continua…)

SOPRA: Ante Pavelic e l’arcivescovo Alojzije Stepinac nella cattedrale di Zagabria, poco prima della messa rituale in occasione dell’apertura del parlamento Ustasha. SOTTO: L’Arcivescovo Stepinac (primo da destra) partecipa personalmente alla sepoltura del criminale Ustasha Marko Dosen. Al centro dell’immagine il nunzio apostolico Ramiro Marcone, che rappresentava ufficialmente il Papa in Croazia.


( … continua)
 
CONTINUA NELLA SECONDA PARTE:
https://www.avventismoprofetico.it/modules.php?name=Encyclopedia&op=content&tid=66






[ Indietro ]

didascalie

Copyright © di Avventismo Profetico - (2323 letture)

SALVA LA PAGINA IN PDF

VUOI INVIARE UN MESSAGGIO? SCRIVERE UN COMMENTO O RICEVERE MAGGIORI INFORMAZIONI?
CLICCA QUI PER SCRIVERCI

© 2009 Avventismo Profetico - Giuseppa La Mantia