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Il prezzo della libertà


Il prezzo della libertà

Shipler denuncia i sacrifici dei cittadini nella lotta al terrore.

di Maria Rosaria Iovinella

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Fatta l’impresa Abbottabad, bisogna rifare l’America. Quella dei diritti e delle libertà, troppo spesso calpestate durante gli anni della lotta al terrorismo. Il nuovo lavoro di David K. Shipler, premio Pulitzer nel 1987, già firma del New York Times, ha per titolo The rights of the people: how our search for safety invades our liberties (I diritti delle persone: come la nostra ricerca di sicurezza invade le nostre libertà).
Uscito ad aprile negli Stati Uniti, la forza delle argomentazioni del libro si è imposta particolarmente dopo l’uccisione di Osama bin Laden, avvenuta a maggio in Pakistan. Aver tolto dalla circolazione l’emiro del terrore è stato un successo politico e di immagine per gli Usa. Tuttavia, non è bastata per archiviare un decennio di politiche che hanno intaccato alcuni diritti sanciti dal Bill of rights, la Carta dei diritti, del 1789, l’insieme dei 10 emendamenti alla Costituzione. E ha pure rimesso in discussione la simmetria dei poteri statali.
Per Shipler, le misure intraprese dell'amministrazione americana hanno complessivamente rafforzato il potere esecutivo a danno di quello giudiziario, sgretolando la calibratura costituzionale che si basa sul binomio checks and balances, controlli e contrappesi.
L'ATTACCO ALLA COSTITUZIONE USA. Le leggi emendate hanno toccato alcuni capisaldi costituzionali, fra cui il primo, il quarto e il celebre quinto emendamento.
Aver autorizzato anche i funzionari di medio livello a raccogliere dati personali dei cittadini, anche quelli non sospettati, ha indebolito le garanzie previste dal quarto emendamento, quello che si oppone a perquisizioni, arresti e confische impropri.
Il tono aggressivo delle indagini ha sostanzialmente messo in discussione il primato anche del primo emendamento, che tutela il diritto alla parola, costringendo i cittadini a limitarsi, anche in privato.
Il quinto invece stabilisce le regole del giusto processo e prevede che una persona accusata non possa essere costretta a testimoniare contro se stessa. Lo scudo contro l’autoincriminazione ha però perso efficacia, essendo state numerose le dichiarazioni ottenute con la coercizione lontano dal suolo americano.

La lotta al terrorismo che accomuna Obama a Bush

La lotta senza quartiere al terrorismo si è protratta ovviamente fuori dai confini nazionali, rendendo più difficile identificare gli abusi commessi. Tuttavia, come ha analizzato Shipler, il Military commissions act del 2006, ovvero la legge antiterrorismo varata da Bush, è stata applicata indistintamente dentro e fuori dagli Usa.
Ha però reso possibile l’arresto di cittadini che, pur non essendo statunitensi, vivevano legalmente nel Paese. La stessa legge legalizzava le procedure di interrogatorio ai limiti della tortura e la riservatezza totale sulle carceri della Cia.
Il ricorso al segreto di Stato per ostacolare le azioni giudiziarie di coloro che affermano di essere stati rapiti e sottoposti a tortura è continuato anche sotto l’attuale presidenza di Barack Obama. E la continuità di scelte in materia di antiterrorismo tra le due amministrazioni è sicuramente uno degli aspetti più interessanti del libro, oltre che una chiave di lettura politica del testo.
Obama ha bandito la tortura, ma ha mantenuto intatte molte delle scelte fatte durante il doppio mandato di Bush junior.
IL PRESIDENTE PROROGA AL 2015 IL PATRIOT ACT. Da senatore, il futuro presidente aveva votato per emendare il Foreign intelligence surveillance act (Fisa), che legalizzava un diffuso monitoraggio delle comunicazioni vocali e su Internet, trasmesse da o verso gli Stati Uniti.
Le possibili revisioni al Fisa, una volta che Obama fosse stato eletto presidente, potevano essere inserite nel più vasto quadro di correzione del Patriot act, la legge antiterrore approvata nel 2001, che già aveva enormemente rafforzato il potere dei servizi.
Con la benedizione dell’amministrazione, ha scritto Shipler, il Congresso ha intenzione di estendere il Fisa e alcune disposizioni del Patriot act fino al 1 giugno 2015. Già giudicata incostituzionale nel 2007 dalla Corte suprema, questa legge è stato prorogata da Obama, con una spettacolare e discussa «firma a distanza» lo scorso 28 maggio, mentre si trovava in Francia al G8.
Inoltre, ha scritto il giornalista, il Dipartimento di giustizia della corrente amministrazione ha esortato i giudici, servendosi sempre del ricorso al segreto di Stato, a rigettare le istanze contro le sorveglianze fatte senza mandato durante gli anni successivi alla presidenza Bush.

Negli Usa i cittadini sono 'spiati' dal National security letter

Tra le questioni più scottanti figura anche il National security letter, un mandato di comparizione che può essere rilasciato dal capo di qualsiasi ufficio dell'Fbi. Tale atto non necessita, per partire, di una reale motivazione, né della firma di un giudice, ed è accompagnato anche da un invito al silenzio.
Il ricevente non può infatti rivelarne il contenuto, se non all’avvocato. Durante la corsa presidenziale, l'attuale presidente degli Usa aveva dichiarato che il provvedimento non sarebbe più stato utilizzato per spiare cittadini non sospetti.
Sotto la sua vigilanza, 50 mila «security letter» hanno raggiunto persone fisiche e giuridiche. Invece di chiedere al Congresso di mettere il dispositivo sotto controllo giudiziario, alcuni funzionari hanno suggerito di estendere l’uso a non specificate attività relative a internet.
I CONTROLLI NON RISOLVONO I COMPLOTTI. La critica dello scrittore è basata anche sull’effettiva incapacità di questo invasivo controllo di risolvere i complotti terroristici o di svelare i potenziali rapporti tra l’uomo della strada e la cellula salafita o sunnita che trama nell’ombra. Dopo tutto, se le più grandi agenzie di intelligence hanno fallito clamorosamente, come dimostra il caso delle armi di distruzioni di massa in Iraq, è davvero pensabile che i quadri intermedi facciano meglio con i cittadini comuni?
Il caso di Brandon Mayfield, un avvocato dell’Oregon sospettato di complicità nell’attentato dei treni a Madrid nel 2004 per una serie di fortuite coincidenze, è esemplare. La polizia federale americana sospettava di lui anche perché musulmano. Incarcerato per omicidio di massa, si è salvato grazie all’intervento delle autorità spagnole che hanno rintracciato i veri colpevoli.
IL PRECEDENTE STORICO SULL'ESPULSIONE DEGLI STRANIERI. Il libro di Shipler ha di certo anche una morale politica che non risparmia critiche all’amministrazione di Bush, ma nemmeno ha interesse a salvare quella di Obama, ricordando anche che il Patriot act ottenne nel 2001 al Senato un solo voto contrario. Una condanna non da poco per i democratici.
Intellettuale liberale, il columnist statunitense confida che il «sistema di autocorrezione immunitaria» del Paese sia più forte del virus di «convenienza anticostituzionale». Il precedente storico degli Alien and sedition acts del 1798 è notevole. Le durissime leggi in materia di espulsione degli stranieri presenti in America e la possibilità di perseguire penalmente, e discrezionalmente, chi avesse offeso il Congresso, furono un fattore decisivo nelle elezioni del 1800 che diedero a Thomas Jefferson la presidenza. Anche se Jefferson aveva duramente contestato queste norme, ritenendole anticostituzionali.
A fine mandato, Obama ha il dovere politico, anche opportunistico, di interrogarsi su quanto possa incidere elettoralmente un decennio di sgretolamento delle libertà individuali in America. E, soprattutto, la mancata correzione a questo status quo anticostituzionale.

Domenica, 19 Giugno 2011

http://www.lettera43.it/cultura/18702/quanto-costa-la-liberta.htm
 






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