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il popolo ebreo non uccise Cristo


Il popolo ebreo non uccise Gesù
 03/03/2011
Nel nuovo libro Benedetto XVI spiega: i "Giudei" erano l'aristocrazia.

Papa Benedetto XVINon è solo un saggio sulla vita di Gesù. È un libro che parte dalla vita di Cristo, la racconta e da questa cerca di dare risposte agli interrogativi dell'animo umano. I primi stralci del secondo volume di Benedetto XVI dedicato a "Gesù di Nazaret" (Edizioni Lev) raccontano di una ricerca che ci consegna un Gesù che celebra l'ultima cena non durante la Pasqua, ma il giorno prima (è l'istituzione di una nuova Pasqua), e che muore significativamente proprio nel momento in cui vengono sacrificati nel tempio gli agnelli pasquali; che mostra Ponzio Pilato come l'emblema del limite umano, il quale accantona come "irrisolvibile" la domanda sulla verità, come avviene - dice Ratzinger - anche oggi; e che segna una nuova alleanza con il popolo ebraico, non più additato come il colpevole della morte di Gesù. Ma allora chi ha voluto la morte di Cristo? Ratzinger nota che il Vangelo di Giovanni parla semplicemente di "Giudei". Ma il termine non si riferisce al popolo di Israele, quanto all'aristocrazia del tempio. La stessa aristocrazia che non entra nel palazzo di Pilato a chiedere la morte di Gesù per rimanere pura esteriormente, in contrasto con l'impurità del cuore. È il "popolo" a scegliere Barabba. Ma un popolo fatto dai sostenitori del rivoltoso anti-romano, mentre i discepoli di Gesù per paura restano nascosti. Secondo Matteo, il popolo ha detto: "Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli". E questa frase ha dato vita a decenni di antisemitismo nella Chiesa. Ma Ratzinger ricorda che il sangue di Gesù "non chiede vendetta e punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti". Questa affermazione sul sangue significa, insomma, che "tutti noi abbiamo bisogno della forza purificatrice dell'amore, e tale forza è il suo sangue. Non è maledizione, ma redenzione, salvezza". Ed ecco che i tre brani dati in anticipazione sono legati da un filo rosso. Il tradimento di Giuda, avvenuto nell'ultima cena, è la rottura di una amicizia che può venire - secondo Giovanni - solo da Satana, tanto è inspiegabile. Gesù ne soffre, e in quell'ora si carica "del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall'essere traditi". È un messaggio che Benedetto XVI ha sentito vivo durante il suo pontificato. Tanto che a Fatima, nel pieno delle rivelazioni sui sacerdoti pedofili, ha messo in penitenza la Chiesa ricordando che il terzo segreto di Fatima ... Fonte

Alleanza non è stata revocata a Israele

Il 16 Gennaio 2006 il Papa ha inviato una lettera a Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma. I passaggi più scandalosi sono i seguenti:
       "[...] Il popolo di Israele è stato liberato varie volte dalle mani dei nemici [...] Sempre la predilezione del Dio dell’Alleanza lo ha accompagnato, dandogli forza per superare le prove. Di questa amorevole attenzione divina può rendere testimonianza anche la vostra comunità ebraica, presente nella città di Roma da oltre duemila anni.
       In Cristo noi partecipiamo della vostra stessa eredità dei Padri, per servire l’Onnipotente «sotto uno stesso giogo» (Sof 3,9), innestati sull’unico tronco santo (cfr Is 6,13; Rm 11,16) del Popolo di Dio. Ciò rende noi cristiani consapevoli che, insieme con voi, abbiamo la responsabilità di cooperare al bene di tutti i popoli, nella giustizia e nella pace, nella verità e nella libertà, nella santità e nell’amore. [...] L’Eterno vegli su di Lei e sull’intera comunità ebraica di Roma! [...] Shalom!"
      Quindi, secondo il Papa, Israele è ancora il popolo eletto (se l'alleanza non è stata revocata....noi cristiani cosa siamo?). Sorprendente quando prega l'Eterno di vegliare sul popolo di Israele. Mi chiedo quale Dio prega, se il Dio Vero, o il FALSO DIO talmudico!
      Da notare la chiusa della lettera "Shalom", non c'è che dire, proprio la firma di un Papa tradizionalista!

Il papa giustifica la classe dirigente degli Ebrei di non avere ucciso Cristo, e non condanna il popolo ebreo. Sembra impossibile come il papa contraddice le parole di Gesù. I sionisti ebrei saranno contenti!


Quindi Dio, nonostante gli avessero ucciso il suo unico Figlio e nonostante il CASTIGO profetizzato dal Figlio, ha continuato a prediligere gli ebrei, accompagnandosi a loro e dando loro la forza per superare le prove? Ma allora perché Gesù ha fondato la sua chiesa? non bastava quella degli ebrei? Perché istituire dei "fratelli minori"? Non bastavano i "maggiori"?

http://www.salpan.org/SCANDALI/Benedetto_XVI/Benedetto%20XVI%20pseudo%20restauratore.htm

 Wojtyla: il papa ebreo

 

Allora era proprio vero:
Giovanni Paolo II era ebreo.

(forse frankista)
di Maurizio Blondet

Fonte: "Chiesa viva" , N. 388, Nov. 2006, pagg. 6-7

Lo ha scoperto con gioia Yaakov Wise, uno studioso di genealogie ebraiche che abita a Manchester. Da esperto del problema, Wise ha fatto ricerche sull'ascendenza del lato femminile della famiglia Wojtyla: per decreto rabbinico sono le madri, non i padri, a trasmettere l'ebraicità.
La mamma di Karol, che morì quando lui era lattante, aveva sposato un polacco cattolico; ma il suo nome, Emilia Kaczorowski, è apparso a Wise un adattamento polacco di un nome ebraico molto comune nel mondo yiddish: Katz. La nonna si chiamava Marianna Scholz, altro nome ebraico (Schulze, Schultz). E la bisnonna, Zuzanna Rybicka, altro nome di suono ebraico. Infatti, tali nomi appaiono frequenti nelle tombe del cimitero ebraico di Biala-Bielsko, da cui veniva la famiglia della mamma di Karol. Wise ne è sicuro, «come storico ebreo, ho accesso ad informazioni che sono chiuse ad altri storici», dice.
Con questo lignaggio materno fino alla terza generazione, Karol Wojtyla non solo era un ebreo integrale; avesse chiesto la cittadinanza israeliana, lo Stato ebraico avrebbe dovuto riconoscergliela.
Questo fatto getta una nuova luce non solo sugli atti di Karol Wojtyla (la visita del primo Papa a una sinagoga, la preghiera al "muro del pianto", le "scuse" della Chiesa agli ebrei) ma sulla sua neo-teologia della "elezione".


Giovanni Paolo II al muro del pianto


Risale a lui la nuova e malferma dottrina "cattolica" secondo cui l'Antica Alleanza persiste tutt'ora; la Nuova Alleanza (di Gesù) non l'ha fatta decadere -insomma, che gli ebrei hanno diritto di aspettare ancora un messìa, avendo rifiutato il primo-. Una "dottrina" che forza alquanto i testi del Vangelo, per negare la "sostituzione".
Anche l'accettazione dell'Olocausto (con la maiuscola) come il "sacrificio del sangue" sacramentale che fa degli ebrei la "vittima" collettiva alternativa all'Agnello, diventa più significativa alla luce dell'ebraicità di Wojtyla. Del resto, nel 1998, quando il Papa polacco chiese perdono agli ebrei col documento "Noi ricordiamo", Giovanni Paolo II approvò il discorso ufficiale dove si diceva che «il popolo ebraico è crocifisso da duemila anni». Non "perseguitato", ma "crocifisso", come il Salvatore.
E non da tremila anni, ma da duemila: ossia dalla nascita di Cristo.
Dal solo fatto che Gesù sia nato.
Popolo "crocifisso" per il fatto che il Cristianesimo esiste.

Che significa?
La frase è assurda per un cattolico credente. Ma esprime i sentimenti di ogni ebreo "offeso" dalla pretesa cristiana di essere il Novus Israel.
Ma non basta.
Nel processo di canonizzazione a tappe forzate, sarebbe bene che gli avvocati del diavolo investigassero questo lato del beatificando.
Che idea aveva di sé Wojtyla e della sua ebraicità? Perché in Polonia, come noto, nacque e operò Jacob Frank (1726-1791), un israelita che si proclamò messìa; e sull'esempio di Sabbatael Zevi (un precedente "messia" che operò in ambiente islamico e si convertì falsamente all'Isiam con tutti i suoi seguaci) anche Frank e 500 famiglie di suoi fedeli si fecero battezzare, nel 1759. Mantenendo però in segreto i loro culti ebraici eretici, spes¬so licenziosi (vi aveva una parte importante la figlia di Frank, Èva, adorata con un culto copiato da quello della Vergine Nera di Cracovia), la fede nel loro "messia" apostata, e la pratica della più stretta endogamia settaria (i frankisti si sposano solo tra loro, come ordinato da Frank: «non prendete in moglie nessuna delle loro "puttane" cattoliche»).
Nota è la giustificazione teologica della loro apostasia e doppiezza: il messia "deve" compiere gli atti più peccaminosi, e la conversione falsa all'odiata "religione di Edom" (Roma) è la peggiore. Perché «la salvezza si ottiene attraverso il peccato», secondo una tipica movenza gnostica detta anti-nomica. (1)
I frankisti andavano a Messa la domenica, ma il sabato si
riunivano nelle loro sinagoghe segrete.
Wojtyla era influenzato sicuramente da questa "cultura", perché personalità frankiste hanno svolto una parte essenziale nel creare il particolare nazionalismo polacco, l'idea della nazione sofferente, "Cristo delle nazioni".
II poeta nazionale polacco, Adam Mickiewicz (1798-1855), tanto amato dal Papa, era un frankista: supercattolico a parole, ma amico di Mazzini, con cui partecipò alla Repubblica Romana, la massonica impresa che nel 1849 cacciò da Roma Pio IX; e morì a Costantinopoli, mentre cercava di arruolare una legione ebraica per liberare Gerusalemme: un sionista ante-litteram.
Jerzy Turowicz, il potentissimo direttore di "Tygodnik Powsszechny", l'autorevole rivista cattolico-progressista cui Karol collaborò e che tanto influì sulla sua formazione culturale e spirituale, era un frankista, e, al suo funerale, volle si cantassero cori ebraici. Di altri personaggi ebrei o frankisti che hanno influito e guidato il giovane Wojtyla ho parlato nel mio libro: "Cronache dell'Anticristo" (Effedieffe, 2001).
Fra l'altro, è notevole che la comunità ebraica americana si prodigò per sostenere finanziariamente Solidarnosc, organizzazione sindacale cattolica, ma controllata da vicino da tre ebrei di fiducia: Jacek Kuron, Adam Michnitz e Bronis Geremek, figli di funzionari comunisti, di colpo passati al nemico.
Ma sapeva Wojtyla di avere sangue ebreo?
Wise
sostiene di sì.
Altrimenti non si spiega perché, nel 1940, il giovane seminarista si sia nascosto ai nazionalsocialisti: se si fosse saputo polacco e dunque "ariano", non sarebbe stato necessario.


Giovanni Paolo II con l'ex rabbino di Roma, Toaff,
durante la sua prima visita in sinagoga


Ma se lo sapeva, perché ha taciuto questa sua identità, mentre moltiplicava i favorì e le aperture al giudaismo? Questo elemento può indicare una sua appartenenza all'ambiente frankista: celare il proprio ebraismo è un obbligo per la sètta. (2)
D'altra parte, sua madre Emilia si sposò al di fuori della cerchia ebraica, e questo potrebbe essere un segno contrario; però il mutamento del nome da Katz a Kaczorowski potrebbe essere un indizio a favore. È anche possibile che, a distanza di due secoli, gli stessi elementi frankisti non abbiano più una coscienza netta e separata dalla loro identità, si sentano insieme "cattolici" ed ebrei.
Sarà stato il caso di Giovanni Paolo II? È una questione su cui indagare a fondo, anziché proclamarlo "santo subito" senza accurata inchiesta!

 

NOTE
       (1)"Antinomia" vuoi dire "contro la legge" (nòmos in greco). Nell'ebraismo ortodosso, come in quello frankista, l'avvento del messia sancisce l'abolizione della "legge" e di ogni legge, anche morale. Tipicamente, i frankisti - ormai "liberati" dalla legge grazie al loro "messia" - prati cavano l'incesto, «perché lassù non esiste divieto». Contro questa credenza giudaica, esplicitamente, Gesù dice la famosa frase: «non crediate sia venuto ad abolire la legge». Voleva dire: benché il Messia sia venuto (era Lui), della legge morale non cadrà uno "jota" fino alla fine dei tempi.
       (2)Voci che Wojtyla fosse ebreo sono circolate parecchio in Polonia. Del resto, nella polemica politica polacca, è frequente che un avversario venga accusato di essere un "ebreo nascosto", ossia un frankista. Il regime comunista cercò di far credere che lo stesso Lech Walesa fosse un ebreo, che in realtà si chiamava Laiba Kohne (Choen). Non era vero. Lo stesso Walesa una volta spiegò: "l'antisemitismo in Polonia è dovuto agli ebrei che celano la loro nazionalità"; insomma, un'altra allusione ai frankisti

http://www.salpan.org/SCANDALI/Giovanni%20Paolo%20II/GPII%20ebreo.htm

 

ORIGINE EBRAICA DI BENEDETTO XVI°

Sulla base di questo articolo The Wanderer e la ricerca di Fides et Ratio
La nonna di Papa Benedetto XVI Maria Tauber-Peintner di Bolzano, Italia (allora parte dell'Impero Austro-Ungarico), sarebbe stato anche di ascendenza ebraica dalla famiglia Tauber ebraica di Moravia e Ungheria discese di Aaron Tauber di Moravia. Sembrerebbe che la madre Maria Elisabetta (Betty) Tauber (b.1834 Moravia) è nata ebrea Moravia che è stato tagliato fuori dalla sua famiglia quando lei è diventato cattolico. Moravia e l'Ungheria sono state le regioni del Asburgo governato impero austro-ungarico fino alla Prima Guerra Mondiale 1.

Betty si trasferì nella zona dell'Alto Adige austro-ungarico (ora parte d'Italia) dove ha avuto una figlia con Anton Peintner. Anton non ha sposata fino a circa 3 anni dopo la nascita della loro figlia Maria Rasa nel 1855. Betty era la figlia di Giacobbe Tauber (b.1811 d.1845) e Josefina (Peppi / Josefa) Knopfelmacher (b.1819 d.1886). Josefina anche usato il cognome Pollak secondo alcuni ricercatori. Jacob Tauber era il figlio di Jonas Tauber e sua moglie Rebecca Zerkowitz. La famiglia Zerkowitz addotto il carattere Kohen. Fonte
http://aronbengilad.blogspot.it/2011/01/pope-benedict-xvis-jewish-ancestry.html

Genealogia di Ratzinger - Salpan.org

 




Il rabbino Toaff: la Beatificazione di Wojtyla è riconoscimento a un grande uomo



La Beatificazione di Karol Wojtyla è “il riconoscimento a un grande Papa e a un grande uomo che io ho conosciuto molto bene”: è quanto affermato dal rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff, protagonista insieme a Giovanni Paolo II della storica visita papale alla sinagoga di Roma del 13 aprile del 1986. Il rabbino Toaff, il cui nome è ricordato con gratitudine da Papa Wojtyla nel suo testamento spirituale, ha inoltre affermato che la Beatificazione del Pontefice polacco gli fa molto piacere pur essendo “un fatto interno alla Chiesa cattolica”. Karol Wojtyla ed Elio Toaff si incontrarono per la prima volta l’8 febbraio del 1981 durante la visita pastorale alla parrocchia romana di San Carlo ai Catinari. Qui, in un locale adiacente alla parrocchia, il Papa e il rabbino ebbero un colloquio privato, come testimoniato dal cardinale Mejia, all’epoca segretario vaticano per i rapporti religiosi con l’ebraismo. (A.G.)

Papa: nuova giornata pace ad Assisi

http://blog.panorama.it/ultimora/2011/04/02/papa-nuova-giornata-pace-ad-assisi/

 






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