Sunniti e Sciiti: Ebrei e Islamici
TESI DI PADRE THÉRY SULLE ORIGINI GIUDAICHE DELL'ISLAM
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ISLÀM E GIUDAISMO Don Curzio Nitoglia
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TESI DI PADRE THÉRY SULLE ORIGINI GIUDAICHE DELL'ISLAM Nel 1955 il famoso teologo domenicano Padre Théry (1), sotto lo pseudonimo di Hanna Zakharias, pubblicava De Moïse à Mohammed, due ponderosi volumi compendiati poi nell'unico tomo Vrai Mohammed et faux Coran (2), in cui studiava approfonditamente la questione delle origini dell'Islàm. Nel presente articolo cercherò di riassumere e illustrare le tesi contenute nei suoi libri, corroborandole anche con altri seri studi ed avvalendomi della consulenza di un noto orientalista dell'Università di Torino. I testi del Padre Théry non si trovano più in commercio, ma l'essenziale della sua tesi è stato ripreso dall'abbé J. Bertuel, la cui opera è ancora reperibile nelle librerie francesi (3). Del Théry scrive Bonnet-Eymard che «deve essere considerato come il fondatore dell'"esegesi scientifica" del Corano., benché resti. il grande assente da tutte le bibliografie sul tema. È certo che l'anonimato [o lo pseudonimo di H. Zakharias n.d.r.] e l'edizione privata, voluti per non esporre a rappresaglie i religiosi e i sacerdoti che lavoravano nei territori dell'Islàm, hanno danneggiato le sue opere. Se fosse stata pubblicata sotto il vero nome dell'autore, medievalista ben conosciuto nell'ambiente della ricerca scientifica, avrebbe senza dubbio goduto di un'accoglienza più favorevole da parte degli Islamisti, ma li avrebbe forzati a controbattere apertamente. Facendo finta di ignorare l'identità di Hanna Zakharias che, molto rapidamente, non fu più un segreto per nessuno, essi poterono presentarlo senza rischio "sottovoce, come un imbroglione e un ignorante; il disprezzo per l'autore ricadeva evidentemente sulla sua opera"» (4). Fu solo nel 1960 (5), un anno dopo la sua morte, che la rivista dei domenicani di Roma Angelicum tolse ufficialmente l'anonimato all'opera del Théry, riassumendo concisamente ma con esattezza il contenuto dei primi due volumi (6). Le conclusioni cui perviene l'eminente teologo e storico domenicano possono essere così riassunte: 1) l'Islàm è soltanto la religione giudaica postmessianica, spiegata agli arabi da un rabbino. 2) Maometto non è mai stato ispirato da Dio. Si convertì al Giudaismo talmudico, spinto da sua moglie Khadigia, ebrea di nascita, ed aiutò il suo maestro, il rabbino della Mecca, ad attuare il suo progetto di giudaizzazione dell'Arabia. 3) Il Corano è stato composto e redatto dal rabbino della Mecca e Maometto era solo un "proselite della porta". 4) Il Corano primitivo (traduzione e compendio arabo del Pentateuco di Mosè) è stato redatto da un rabbino ebreo, ma dopo Maometto andò smarrito (VII sec.). L'attuale Corano non contiene più, come il primo, la traduzione e l'adattamento della storia sacra d'Israele; è soltanto un libro di aneddoti, di storie, quasi una sorta di rapporto stilato dallo stesso autore sulle sue vicende apostoliche, per cui bisognerebbe chiamarlo più correttamente "Gli Atti dell'Islàm". Tali "Atti" costituiscono la sola fonte autentica che ci consenta di conoscere le origini dell'Islàm, cioè in sostanza la giudaizzazione dell'Arabia, di cui il rabbino della Mecca, Maometto e sua moglie Khadigia furono i primi autori. Solo lo studio critico degli "Atti dell'Islàm" (o attuale Corano) ci può fornire una solida base per una ricostruzione delle origini dell'Islàm, ovvero della conversione dell'Arabia al Giudaismo talmudico. Gli ebrei erano presenti in Arabia e abitavano tra le diverse oasi del deserto arabico e le tre città di Medina, La Mecca e Taif. Erano particolarmente numerosi a Medina (più di metà della popolazione). I cristiani erano meno numerosi degli ebrei, ma non erano cattolici romani; appartenevano invece a sette eretiche, quali il Giacobitismo e il Nestorianesimo, e al Cristianesimo d'Abissinia, fortemente mischiato di elementi giudaici. 5) Gli "Atti dell'Islàm", proprio perché scritti da un rabbino, sono essenzialmente anticristiani. I musulmani non sono nient'altro che arabi convertiti al Giudaismo talmudico a partire dal VII sec. LA MECCA Nel VI sec. La Mecca divenne uno dei più importanti centri commerciali della penisola araba. Qui fin dal II secolo, secondo il Padre Théry, esisteva il tempio della "Ka'ba", una specie di cassa attualmente lunga 12 metri, larga 10 e alta 15, posta su un piedestallo di marmo di 25 cm. e coperta da un tappeto nero cambiato annualmente. Nella "Ka'ba" si trova una pietra nera, visibile ancor oggi (7), di cui si ignora la provenienza e la datazione; secondo i musulmani vi fu portata direttamente dall'arcangelo Gabriele. Nel VI secolo la "Ka'ba" era anche ripiena di sassi grezzi raccolti nei deserti d'Arabia, ritenuti divinità e adorati come tali; la gran massa di persone che la frequentava era formata da arabi politeisti, che veneravano oltre la pietra nera incastonata nella "Ka'ba" anche i sassi e gli idoli in essa raccolti (8). A La Mecca, secondo la tesi del Padre Théry, viveva anche una comunità ebrea, guidata da un rabbino molto preparato, fine conoscitore del Talmùd, il quale avrebbe concepito il progetto di convertire gli arabi politeisti alla religione giudaica post-biblica. Per raggiungere il suo scopo si sarebbe servito di un giovane arabo, Maometto, sposato con l'ebrea Khadigia; questa è in sintesi, secondo il Padre Théry, la storia delle origini dell'Islàm: la conversione dei politeisti arabi al Giudaismo talmudico. NASCITA E MATRIMONIO DI MAOMETTO Si ritiene comunemente che Maometto sia nato nel 580, anche se non si ha una documentazione certa. La sua famiglia era povera, come attesta il rabbino della Mecca negli "Atti dell'Islàm" (l'attuale Corano) (9), ed egli, rimasto orfano assai presto, pare sia stato accolto dallo zio Abu Tàlib, carovaniere della Mecca. Era un bambino sveglio ed intelligente, e lo zio lo portava spesso con sé nelle carovane che conduceva a Gaza. Maometto si sposa con Khadigia (10), una donna più anziana di lui ma molto ricca, dal carattere forte e intraprendente, se è vero, come afferma il Padre Théry, che fu lei a prendere l'iniziativa del matrimonio, e comunque volitiva e dominatrice di un marito timoroso di perdere la sua posizione. "All'età di 25 anni Maometto si sposa" (11). Questo matrimonio con un'ebrea spiega l'evoluzione del giovane arabo, perché sua moglie lo spingerà ad abbandonare gli idoli della "Ka'ba" per aderire alla religione giudaica post-biblica; dopo di lei sarà il rabbino della Mecca a formarlo alla religione d'Israele e a lanciarlo tra gli arabi come suo portavoce. LA CONVERSIONE DI MAOMETTO AL GIUDAISMO Il culto degli idoli è ancora molto diffuso a La Mecca quando una voce comincia a predicare un messaggio nuovo per le orecchie dei politeisti arabi. "Lo giuro per Allah (leggi: Yahwé), che ha creato il maschio e la femmina. Chi fa l'elemosina e chi teme Dio sarà ricompensato. Quanto a chi è avaro e ripieno di sé, sarà precipitato nell'abisso. A cosa gli servirà la sua ricchezza? Io vi avverto fin d'ora che vi è un fuoco divorante per coloro che non temono Dio" (12). Come conosce bene l'Antico Testamento questo oratore della Mecca, che divide l'umanità in due categorie: coloro che temono Dio e che credono alla Resurrezione, al Giudizio, al Cielo e all'Inferno e gli infedeli, gli avari, gli orgogliosi! Nelle sue prediche ritroviamo reminiscenze vetero-testamentarie e talmudiche: "Lo giuro per il fico e per l'olivo, lo giuro per il monte Sinai .Coloro che credono e fanno il bene riceveranno retribuzione" (13). Ma chi è questo predicatore che ridicolizza gli idoli della "Ka'ba", che annuncia l'esistenza di un Dio unico ("Yahwé" in ebraico, "Allah" in arabo), che giura sul fico e sull'olivo, i due alberi della felicità terrestre dell'Antico Testamento? È certo uno che conosce e annuncia la religione d'Israele. Se si applica la critica storica, poi, si è obbligati a concludere, secondo il Padre Théry, che questo predicatore è un ebreo. È l'oratore stesso a porgerci questa conclusione con le sue affermazioni: "Tutto quello che vi annuncio è contenuto nelle pagine venerate" (14), "le pagine di Mosè e d'Aronne" (15). "Idolatri della Mecca, non sapete che Dio ha parlato, sul Monte Sinai, a Mosè? È proprio Yahwé (il Dio unico) che ha rivelato a Mosè il "Corano ebraico", il solo Corano (Libro Santo) che sia mai esistito, il Corano glorioso del Monte Sinai" (16). A partire da questo testo il rabbino della Mecca darà una traduzione in arabo e sarà il primo Corano arabo scritto, poi smarrito e sostituito dall'attuale "Corano", che forse andrebbe chiamato con maggiore esattezza "Atti dell'Islàm". I discorsi che vi si trovano non contengono nulla che non sia giudaico, o meglio vetero-testamentario, e convalidano la tesi che l'autore sia un ebreo che conosce in modo approfondito l'Antico Testamento e il Talmùd, cioè il rabbino de La Mecca. L'uditorio del rabbino tuttavia non vuole rinunciare ai propri idoli ancestrali per convertirsi al Dio unico "Yahwé". Tra gli astanti vi è però un giovane arabo che ha sposato un'ebrea: e la sera Maometto, clandestinamente, spinto dalla moglie, va alla casa del rabbino per conoscere la nuova religione. Apprende così che vi è un solo Dio, che le sue parole sono state raccolte da Mosè sul Monte Sinai e sono state scritte in un Libro (il Pentateuco), in arabo chiamato CORANO. Dato che Maometto non è in grado di leggere e capire il Corano ebraico, sarà il rabbino a leggerglielo e spiegargli oralmente le vicende di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè. Maometto impara anche la nuova professione di fede dettatagli dal rabbino: "Yahwé è unico: è il solo. NON HA GENERATO e non è stato generato. NESSUNO È EGUALE A LUI" (17). Che bella professione di fede giudaicotalmudica e anticristiana (il Padre NON HA GENERATO il Figlio; in Dio NON vi sono TRE PERSONE EGUALI e distinte)! Maometto non nasconde più la sua conversione, la rende pubblica, rompe ogni legame con l'idolatria della "Ka'ba". La Mecca è scossa: questo arabo sposato con un'ebrea non rischia forse di rovinare il vecchio Panteon della città? La "Ka'ba" è uno dei santuari più ricchi del paese, e Maometto sta per rovinarlo! A fronte di queste accuse lanciategli dai suoi compatrioti vi era la protezione del rabbino sul suo discepolo: "Dillo, o Maometto: Infedeli! Io non adorerò ciò che voi adorate. E voi non adorate ciò che io adoro. . A voi la vostra religione, a me la mia" (18). Secondo il Padre Théry, a fianco di Maometto non vi è mai stato "Allah" rivelatore, ma soltanto un ebreo, che gli ha raccontato le storie dei Patriarchi contenute nel Pentateuco di Mosè. Il padre domenicano arriva a tale conclusione dopo aver provato che la conversione di Maometto al Giudaismo, è avvenuta sotto la forte pressione della moglie al limite del ricatto psicologico, conversione che doveva servire alla giudaizzazione della razza araba, come era nell'intento del rabbino della Mecca."Un fatto è certo, leggendo gli "Atti dell'Islàm". un arabo, Maometto, marito di Khadigia, dopo aver preso lezioni da un rabbino, s'è convertito al Giudaismo, primo tra gli arabi. Maometto non sarà nient'altro che il portavoce di un ebreo, l'allievo di un rabbino, per un'impresa strettamente e assolutamente ebraica" (19). LA FORMAZIONE RELIGIOSA DI MAOMETTO E IL SUO APOSTOLATO Maometto ora sa che gli idoli della "Ka'ba" sono muti, che Dio non ha parlato. "Oh! Che notte solenne la notte della Rivelazione!" (20). Avvenne sul Monte Sinai, Mosè era accompagnato da tutto il popolo eletto ai piedi della montagna, una voce lo chiamò e Dio gli rivelò la Legge, gli consegnò un Codice, il Corano, che è sia un libro religioso sia un codice legislativo, in ebraico "Toràh" (il messaggio religioso di "Yahwé" e la sua legge). E il Corano ebraico o "Toràh" avrebbe dovuto dirigere tutti gli uomini (21). In conclusione per il Théry, non è "Allah" che ha rivelato a Maometto la storia di Israele, Maometto non è un profeta ma solo l'allievo devoto di un rabbino, il monte Hirà, come duplicato del Sinai non esiste: Maometto, in sostanza, è solo il canale attraverso il quale filtra l'insegnamento rabbinico per la giudaizzazione dell'Arabia. Gli arabi che poi hanno seguito Maometto hanno gradatamente messo da parte l'origine giudaico-rabbinica dell'Islàm, per affermare e marcare sempre di più la rivelazione di "Allah" a Maometto per la gloria degli arabi stessi, che hanno quindi soppiantato gli ebrei nella loro missione. GLI INSEGNAMENTI DEL RABBINO A MAOMETTO Con la conversione di Maometto al Giudaismo, secondo il Théry, il lavoro del rabbino non è finito, perché il suo vero fine era la conversione di tutti gli arabi alla Sinagoga giudaica. Il suo compito adesso è quello di formare lo spirito del neofita, di farne un apostolo del Giudaismo tra i suoi connazionali; Maometto sarà così istruito profondamente sulla storia di Israele, imparerà a pregare come gli ebrei, a prosternarsi verso l'oriente, ad invocare il nome del Dio Unico (ma non Trino!). Nell'ambito delle conoscenze religiose, "Gli Atti dell'Islàm" non portano nulla di nuovo alla letteratura giudaico-talmudica e alla storia sacra dell'Antico Testamento: un paradiso terreno, o meglio carnale, è promesso a coloro che si sottometteranno al Dio Unico d'Israele. L'apologetica usata per la conversione degli arabi si fonda non sui motivi di credibilità e sui "preambula fidei", ma sugli istinti più elementari dell'uomo, sulla promessa di una vita futura di piaceri appetibili in cambio della conversione al Giudaismo (22). Spinto dalla moglie, ammaestrato dal rabbino, il giovane cammelliere non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione che gli si presentava: divenne l'apostolo del Giudaismo tra gli arabi. REAZIONE DEGLI ABITANTI DELLA MECCA DI FRONTE ALLA PREDICAZIONE DI MAOMETTO Di fronte alla predicazione della storia sacra di Israele, gli abitanti della Mecca rispondono malamente e con animosità. Non vogliono seguire il giovane arabo convertitosi alla religione della moglie. Anche se confortato dal rabbino, Maometto è scoraggiato ed è tentato di ritornare alla sua vecchia idolatria. "Sono stati sul punto di sedurti e di allontanarti da ciò che ti abbiamo insegnato" (23). IL CORANO ARABO: IL "CORABÒR" E IL "CORABSCRÌT" Secondo il Padre Théry l'obiezione degli abitanti della Mecca, che il Corano rivelato da Dio a Mosè è scritto in ebraico e che pertanto essi non possono né leggerlo né capirlo, induce il rabbino a riscriverlo in arabo. Nella prima fase dell'apostolato del rabbino non si trova traccia di un testo religioso per gli arabi; nella seconda, invece, che inizia con la sura LXXX, il rabbino racconta agli idolatri che esiste un libro di Verità e di direzione, composto di fogli molto antichi, scritti da Abramo, Mosè, Aronne. Questi fogli formano il Corano, cioè un Libro o libro di Mosè. Tuttavia quando il rabbino, nella sura LXXXV, 21, parla per la prima volta di un Corano glorioso "su una tavola conservata", si riferisce ancora al Corano di Mosè (o Pentateuco) in lingua ebraica. Solo negli "Atti dell'Islàm" si farà allusione ad un Corano in lingua araba (24): "Lo abbiamo reso facile per la tua lingua", ed anche "L'abbiamo rivelato sotto forma di rivelazione araba" (25). In conclusione, il Corano in arabo appare come l'opera di un rabbino che ha tradotto e adattato in lingua araba il Pentateuco mosaico e non contiene nessun nuovo dogma, nessuna originalità, nessuna nuova Rivelazione. "Allah" non è nient'altro che la traduzione araba di "Jahwé" (il Dio Unico). Il Corano ha per autore "Jahwé ", che lo ha consegnato in lingua ebraica a Mosè nel 1280 a. C. ed è stato fatto conoscere agli arabi con una traduzione del VII sec. d. C. Secondo il Padre Théry, Maometto consegnerà il Corano arabo ai suoi connazionali in due momenti successivi, dapprima oralmente e in un secondo tempo per scritto. La prima tappa è quella del "CORABÒR" (CORano AraBo ORale), la seconda quella del "CORABSCRÌT" (CORano AraBo SCRITto), traduzione in arabo del Corano ebraico di Mosè. LA COMPOSIZIONE DEL CORANO E L'ATTIVITÀ LETTERARIA DEL RABBINO DELLA MECCA Recitano i versetti 86-87 della sura XV: "In Verità il tuo Signore è il Creatore, l'Onnisciente. Noi t'abbiamo già portato I SETTE (VERSETTI) DELLA RIPETIZIONE e DEL CORANO SUBLIME". Questi due versetti sono indirizzati dal rabbino a Maometto per dirgli che il suo Signore è il Creatore, e non gli idoli della "Ka'ba". Il loro autore è colui che ha già composto i sette versetti della Ripetizione ed il Corano sublime, cioè il medesimo rabbino che ha composto gli "Atti dell'Islàm"e il Corabscrìt. 1) LA "PREGHIERA DELLE LODI" OVVERO "I SETTE VERSETTI DELLA RIPETIZIONE". L'autore è evidentemente un ebreo: "Il tuo Signore è l'Onnisciente", non quindi gli idoli della "Ka'ba". Nell'affermare poi di aver già "portato i sette versetti della Ripetizione", ricorda all'allievo di aver già composto "sette versetti" speciali prima del Corabscrìt. Questi versetti infatti sono ben diversi da quelli contenuti nel Corabscrìt, e formano un tutto molto netto, concreto, breve: sono destinati ad una ripetizione frequente; da qui il nome di "Versetti della Ripetizione". Sono brevi, recitati frequentemente, quindi sono una preghiera; sono la preghiera in sette versi che i musulmani premettono alla loro raccolta di sure. Per arrivare a tale conclusione il Padre Théry si fonda sull'esegesi del versetto 87 della Sura XV degli "Atti dell'Islàm", che recita: "T'abbiamo già portato i sette (versetti) della Ripetizione e del Corano sublime". Egli dimostra che tale preghiera è stata composta già all'epoca della sura XV ed è posteriore al Corabòr, che il rabbino raccontava a Maometto. Durante tale periodo non vi è alcuno scritto arabo del rabbino della Mecca, che si serve unicamente del "Corano" di Mosè (o Pentateuco) in ebraico, per fare "catechismo" a Maometto in lingua araba, trasformandolo così in Corabòr. Inoltre il rabbino parla prima dei "Sette Versetti della Ripetizione" e poi del "Corano Sublime", dando una priorità cronologica alla "preghiera delle lodi" rispetto al Corabscrìt, redatto con fine apologetico per consentire agli arabi, ostili alla predicazione di Maometto, di conoscere direttamente da un testo scritto la Rivelazione di Yahwé sul Monte Sinai. La "Preghiera delle Lodi", invece, contemporanea del "Corabscrìt" non è un'opera apologetica, e, rivolgendosi agli arabi GIÀ convertiti al Giudaismo, presuppone l'esistenza di una comunità di musulmani ormai convertiti al Dio d'Israele, dopo aver abbandonato gli idoli della "Ka'ba". 2) IL CORANO ARABO SCRITTO (CORABSCRÌT). Mentre componeva la "Preghiera delle Lodi", il rabbino lavorava anche alla traduzione in arabo del Corano di Mosè, il Corabscrìt o Corano sublime di cui parla la sura XV, vers. 87. Ma che cosa significa esattamente Corano? È uno scritto destinato alla recita, un libro che si legge ad alta voce e che si salmodia, ed è anche un libro di insegnamenti. Traducendo e adattando in arabo il Pentateuco mosaico il rabbino aveva come scopo unico quello di insegnare agli arabi la rivelazione sinaitica; è per questo che il Corabòr ed il Corabscrìt non sono altro che una ripetizione (orale e scritta) del Corano di Mosè. Negli "Atti dell'Islàm" (l'attuale Corano) si legge: "Il libro di Mosè è un modello (una guida) della Misericordia divina" (26). Dio è l'autore delle verità che contiene, avendole rivelate a Mosè nel 1280 sul Monte Sinai, come confermano le sure del Corano arabo: "Esso (Corano) è la conferma di ciò che era prima di lui (Pentateuco). Non è che la spiegazione del libro del Signore dei Mondi" (27). "Prima di questo qui (Corano arabo) vi era il libro di Mosè: è un libro che conferma l'altro, in lingua araba" (28). 3) GLI ATTI DELL'ISLÀM. Oggi conosciamo un libro chiamato impropriamente "Corano", che comprende 114 capitoli o sure e 6.226 versetti. Non vi è identità - afferma il Padre Théry - tra il Corano arabo, composto dal rabbino della Mecca nel VII secolo, ed il Corano ufficiale che possediamo oggi (che sarebbe meglio definire "Atti dell'Islàm"); in definitiva il "Corano" attuale non è quello originale. In effetti ai vv. 86-87 della XV sura l'autore ricorda a Maometto che ha già composto due opere, una "Preghiera delle Lodi" e il "Corano Sublime": questa affermazione mostra che è quindi anche autore di una TERZA OPERA, quella attuale che comprende la XV sura. Perciò ci troviamo in presenza di tre opere distinte: 1. La Preghiera delle Lodi o Sette versetti. 2. Il Corano arabo (orale o scritto) [smarrito]. 3. Un terzo scritto (che include la sura XV, i cui vv. 86-87 ci parlano delle due opere precedenti). Soltanto leggendo i vv. 86-87 si può concludere che l'opera alla quale appartengono, chiamata volgarmente o erroneamente Corano, è nettamente diversa dal "Corabòr" o dal "Corabscrìt", e andrebbe chiamata Pseudo-Corano o "Atti dell'Islàm". Le differenze esistenti tra le due opere, il Corano arabo e il "Corano attuale" sono di tre tipi. 1° DIFFERENZA CRONOLOGICA. All'epoca della sura XV, il "Corabòr" e il "Corabscrìt" sono già ultimati: "Ti abbiamo già portato il Corano Sublime". Si può quindi affermare che il "Corabscrìt" sia stato composto all'inizio del secondo periodo della Mecca: "Ti abbiamo reso facile, per la tua lingua araba, il Corano di Mosè". L'adattamento del Corano di Mosè è ormai terminato quando il rabbino scriveva gli "Atti dell'Islàm" che contengono la sura XV; ma il libro cui questa appartiene non è ancora compiuto interamente: iniziato con l'apostolato del rabbino, ne racconta le peripezie e lo segue finché è in vita. Sarà compiuto solo con la fine dell'apostolato del rabbino per la conversione di Maometto e tramite lui dell'intero popolo arabo. Per la sua natura questo libro, che è come un diario della vita apostolica del rabbino della Mecca, ed ha somiglianze con "Gli Atti degli Apostoli" di noi cristiani, è stato definito dal Padre Théry gli "Atti dell'Islàm", probabilmente ultimato nella sua stesura definitiva a Medina, anche se iniziato a La Mecca. 2° DIFFERENZA DI SCOPI. IL Corano arabo è essenzialmente: a) un libro di preghiere ebree, destinate a far prendere coscienza della Provvidenza di Dio agli arabi della Mecca, a far loro abbandonare il politeismo per abbracciare la fede in Yahwé. b) È anche un libro liturgico: come si recita la Toràh (o Corano ebraico) in ebraico nelle sinagoghe, così i giudeo-arabi o musulmani (sottomessi a Yahwé, Dio Unico di Israele) dovranno nelle loro assemblee recitare il Corano arabo, in lingua araba. Gli Atti dell'Islàm, al contrario, non sono né un libro di preghiere, né un libro liturgico, ma la cronaca del lavoro apostolico del rabbino della Mecca e di Maometto. 3° DIFFERENZE LETTERARIE. - Il Corano arabo doveva essere essenzialmente un libro dogmatico, di insegnamento, stabile ed immutabile. - Gli Atti dell'Islàm ci raccontano, invece, le mille peripezie dell'affermarsi, a La Mecca, della religione giudaico-rabbinica e le violente lotte del periodo medinese. È una vera CRONACA che ci narra le reazioni degli abitanti della Mecca i quali non vogliono rinunciare ai loro idoli e alle gesta di Maometto, sotto l'influsso di Khadigia e del rabbino. «In breve - conclude il Padre Théry - il libro degli "Atti", che tutti chiamano oggi "il Corano", non è il Corano arabo, o l'adattamento in arabo del Corano di Mosè. Delle tre opere composte in arabo dal rabbino della Mecca, si sono conservate, fino ad oggi, la "Preghiera delle Lodi" e "Gli Atti dell'Islàm"» (29). LA SORTE DEL CORANO ARABO IL CORANO ARABO È PERSO. Sorge spontanea una domanda: "Che fine ha fatto?" Bisognerebbe cercare nella massa di manoscritti arabi per vedere se esiste una versione araba del Pentateuco ed una volta trovatala confrontarla con i racconti brevi della storia sacra di Mosè che troviamo negli "Atti dell'Islàm". Il fatto certo - secondo il Padre Théry - è che il vero Corano arabo è smarrito. Esso non era altro che la spiegazione delle principali storie dell'Antico Testamento scritte in ebraico. Oggi nessuno possiede tale libro. I musulmani contemporanei di Maometto e del suo maestro lo possedevano; quelli attuali non lo possiedono più. L'unico scritto del VII secolo ancora in loro possesso è la "Preghiera delle Lodi" o i "Sette versetti della Ripetizione", posta come prologo ai loro "Atti", anch'essi del VII secolo. Tuttavia negli "Atti dell'Islàm" si trovano degli ESTRATTI (oltre alla storia della giudaizzazione dell'Arabia) del Corano arabo vero. Gli "Atti" hanno quindi un'enorme importanza per la conoscenza dell'esistenza della data dell'autore del "Corabscrìt" e, parzialmente, del suo contenuto. È quasi come se, per assurdo, si fossero smarriti i quattro Vangeli, ma si fossero conservati gli "Atti degli Apostoli". Grazie agli "Atti dell'Islàm" siamo in grado di conoscere qualcosa sull'origine dell'Islàm: anche gli "Atti" sono un libro giudaico, ma di un Giudaismo DILUITO, per non urtare la suscettibilità degli arabi idolatri. Il rabbino, secondo il Théry, si accontenta di parlare dell'esistenza di un Dio Unico, della sua bontà, della Resurrezione. Quanto alla storia sacra che costituiva l'essenza del vero Corano, negli "Atti" è appena accennata, perché dei personaggi dell'Antico Testamento (Mosè, Abramo, Noè, ecc.) vi sono solo richiami e vaghi ricordi. La perdita del Corano è un fatto grave, ma è attenuato dalla presenza degli "Atti", che ne permettono una parziale ricostruzione. Quanto poi alle congetture sulla sorte del Corano arabo autentico, si può pensare che sia stato distrutto a Medina da Othmàn o Abu-Bakr, oppure che sia andato perso. ma non si possono avere certezze in tal senso. I PRIMI MUSULMANI Il primo periodo della Mecca è caratterizzato dall'apostolato del rabbino e dalla conversione di Maometto al Giudaismo; il secondo dalla presenza del Corano arabo orale con il quale Maometto catechizzerà i suoi connazionali. Egli ormai fa parte dei "prosternati" (30), che nella letteratura rabbinica sono gli adoratori di Yahwé, cioè gli ebrei. Maometto prega prosternato come loro, frequenta la sinagoga, ha la loro 'fede'. Riunisce gli arabi per farli diventare anch'essi prosternati. Qui occorre analizzare una parola fondamentale, che basta da sola a farci capire l'essenza dell'Islàm. I grandi dell'Antico Testamento furono grandi perché SOTTOMESSI A DIO e il Corano arabo li presenta come modelli da seguire: il musulmano perciò (o l'arabo che accetta il Corano arabo) è un SOTTOMESSO a Dio, un MUSLIM (o musulmano). E i Patriarchi furono sottomessi alla volontà di Dio e quindi "musulmani". All'epoca del rabbino maestro di Maometto, i termini musulmano e Islàm non rappresentano una nuova religione, ma la religione del passato rispetto al Cristianesimo, la religione mosaico-talmudica che rifiuta proprio la divinità del Cristo. I musulmani per eccellenza sono quindi gli ebrei; gli arabi li dovranno imitare, sono musulmani per partecipazione. La religione dei musulmani (o dei sottomessi a Dio) si chiama ISLÀM e non è nient'altro che la religione della Sinagoga giudaico-talmudica esportata in Arabia: Islàm quindi significa SOTTOMISSIONE TOTALE ALLA VOLONTÀ DI DIO. "Colui che Yahwé (o Allah, in arabo) vuole salvare / dilata il suo cuore fino all'Islàm [alla sottomissione totale della sua volontà a Dio]" (31). Verrà un tempo in cui gli arabi, volendo far dimenticare le loro origini giudaiche (quanto alla religione che abbracciarono nel VII secolo con Maometto), si dichiareranno i soli ed autentici MUSULMANI e non più i MUSULMANIZZATI; i soli rappresentanti dell'ISLÀM e non gli ISLAMIZZATI. Sarà questo l'inizio della grande montatura religiosa del bacino mediterraneo (32), la quale ci presenterà "Allah" che rivela al suo profeta Maometto il Corano, ossia la religione musulmana o islamica come un qualcosa di proprio degli arabi, nuovo popolo eletto da Dio, totalmente "sottomessi" alla sua Volontà. DISPUTE TRA I CRISTIANI DELLA MECCA ED IL RABBINO I cristiani che vivevano a La Mecca, secondo il Théry, avevano sottovalutato gli inizi della predicazione del rabbino, ma cominciarono ben presto ad inquietarsi quando videro i progressi del Giudaismo tra il popolo arabo. Maometto aveva già convinto qualcuno dei suoi compatrioti e il rabbino aveva già tradotto in arabo il Pentateuco e vi aveva aggiunto le integrazioni talmudiche ed anticristiane. I cristiani si decisero allora ad entrare pubblicamente nella disputa che vedeva opporsi gli idolatri ai giudaizzanti. Come il rabbino aveva predicato a Maometto i personaggi dell'Antico Testamento, così i cristiani dovettero predicare loro i personaggi del Nuovo Testamento e specialmente San Giovanni Battista, la Madonna e Nostro Signor Gesù Cristo. Non possediamo naturalmente il testo delle prediche dei cristiani della Mecca, ma negli "Atti dell'Islàm" leggiamo le risposte del rabbino, e a partire da queste possiamo risalire a quelle. Naturalmente i cristiani non rifiutano la rivelazione sinaitica. Come ogni buon cristiano accettano l'Antico Testamento, perfezionato nel Vangelo di Gesù Cristo; rifiutano però le favole talmudiche che hanno storpiato la Rivelazione sinaitica. Il punto nodale che separa il cristiano dall'ebreo (e quindi dal musulmano) è il dogma dell'Unità e Trinità di Dio e della Incarnazione, Passione e Morte di Nostro Signor Gesù Cristo. I cristiani della Mecca predicavano la SS. Trinità e l'Incarnazione del Verbo eterno, Nostro Signor Gesù Cristo crocifisso dai giudei, per mantenere gli arabi al Cristianesimo e liberarli dal Talmudismo. La conversione di Maometto al Giudaismo era assai pericolosa per il Cristianesimo, che in Arabia aveva già conosciuto momenti di fortuna e di successi. Sulla base delle risposte fornite dal rabbino della Mecca negli "Atti dell'Islàm", si può evincere che i cristiani della Mecca avessero incentrato la loro predicazione (per convertire gli idolatri al Cristo, mantenere cristiani gli arabi già convertiti ed impedire che l'apostolato di Maometto tra i suoi compatrioti portasse frutti) su tre temi principali: San Giovanni Battista, la Madonna SS. e Nostro Signor Gesù Cristo. E sono proprio questi tre temi che il rabbino riprende, contrattaccando, negli "Atti dell'Islàm" allorché mischia ai suoi racconti sui Patriarchi dell'Antico Testamento (che sono i veri muslim, cioè sottomessi) alcune storie del Nuovo Testamento, svuotate di ogni sapore cristiano, anzi con un contenuto essenzialmente anti-cristiano. Le storie del Battista, di Maria e di Gesù negli "Atti dell'Islàm", sono soltanto la risposta del Giudaismo alla predicazione dei cristiani della Mecca e avevano come unico scopo quello di convertire gli arabi al Giudaismo. Non è vero che il Corano attuale ha dei punti di contatto col Cristianesimo! Al contrario! Se il rabbino parla di Gesù è solo per dire che non era Dio, era un grand'uomo, ma non Dio e questo - evidentemente - non è un punto di contatto col Cristianesimo, ma di rottura. I tre personaggi del Vangelo, il Precursore di Gesù, la Madre di Gesù e Gesù stesso non sono presentati come oggetto di fede musulmana, ma sono confutati, svuotati di ogni valore cristiano. In breve Gesù Cristo, negli "Atti dell'Islàm", non è il Cristo del Vangelo, la seconda Persona della SS. Trinità incarnatasi nel seno di Maria, per cui il Battista non è il Precursore del Messia né Maria è la Madre di Dio. Queste figure hanno perso del tutto nell'attuale Corano ogni significato cristiano, anzi esse sono l'opposto del Cristianesimo che è la Religione della divinità di Gesù Cristo. Se il rabbino ha contrattaccato, lo ha fatto per rispondere alle obiezioni mosse al suo apostolato dai cristiani della Mecca, che annunciavano il Cristo crocefisso "follia per gli idolatri e scandalo per i giudei". È quindi ora di smettere di presentare l'attuale Corano, ecumenicamente, come un libro rispettoso del Cristianesimo! (Tali proposizioni non vengono da "Allah" e da Maometto suo profeta, ma dal rabbino della Mecca successore dei crocefissori di Nostro Signor Gesù Cristo). Gli "Atti dell'Islàm" ci parlano del Battista (33), ma totalmente separato da Gesù Cristo (di cui invece è il Precursore), come uno dei tanti miracoli che Yahwé ha fatto ad Israele: è una persona dell'Antica Alleanza che non ha nulla a che fare con la Nuova ed Eterna. Anche la Madonna SS. negli "Atti dell'Islàm" (34) non ha nulla in comune con la Vergine Maria, Madre di Dio. Come già aveva fatto per il Battista, il rabbino sposta Maria nell'Antica Alleanza ed ignora ogni rapporto di Maria con la Nuova ed Eterna. Nonostante ciò si trovano sempre, purtroppo, dei cristiani ammalati di sincretismo che vogliono a tutti i costi vedere nel "Corano" un rispetto ed una devozione mariana che non esiste assolutamente se non nella loro fantasia. Ad esempio secondo il rabbino Maria SS. è la Maria sorella di Mosè ed Aronne, vissuta 1200 anni prima della Madonna (35): "O sorella d'Aronne, tuo padre non era un padre indegno, né tua madre una prostituta". Infine veniamo a Gesù, "pietra d'angolo e d'inciampo". Lo pseudo-Corano cercherà di distruggere la sua Persona divina, che fa sussistere in Sé due nature, quella divina ab æterno e quella umana, assunta nel seno della Beata Vergine Maria. Gesù, per il rabbino, non è che un Profeta ebreo e sarebbe blasfemo chiamarlo Dio. Ma qualcuno, come ci narra il Vangelo, aveva già gridato alla bestemmia quando sentì Gesù stesso affermare di essere Dio: e costui era Caifa, sommo sacerdote della religione giudaica! E lo pseudo-Corano mette specialmente in guardia contro questa, secondo loro, pericolosa eresia di fare del Cristo Dio: "Yahwé ha dato a Mosè la Scrittura, per avvertire coloro che dicono: 'Dio ha preso per sé un figlio'. Mostruosa parola che esce dalle loro bocche. Non dicono che bugie" (36); "In verità Yahwé. non ha preso né compagna né figlio" (37). Per il Corano attuale Gesù non è che un servo di Yahwé, un buon profeta, ma non è assolutamente il Figlio di Dio, consustanziale al Padre ALTRE AUTORITÀ Vi sono altre autorità, che possono essere citate come controprova della conclusione a cui giunge il Padre Théry. Eccone alcune. Secondo Edouard Pertus, Maometto avrebbe frequentato a La Mecca alcuni cristiani-giudaizzanti, e ciò spiegherebbe la falsa interpretazione del Cristianesimo contenuta nel Corano, quale, ad esempio, la negazione della divinità di Nostro Signor Gesù Cristo e della divina maternità di Maria, professata già da Nestorio (38). Anche lo storico ebreo Bernard Lazare afferma che "Maometto fu nutrito dello spirito giudaico" (39). La posizione di uno dei più famosi Islamologi attuali, Bernard Lewis (anch'egli ebreo) è la seguente: "Gli ebrei, compresi quelli 'convertiti' al Cristianesimo, restavano degli orientali; nello scontro sulla questione orientale, prendevano le parti dell'Asia contro l'Europa, del mondo islamico contro quello cristiano. L'AMICIZIA FRA EBREI E MUSULMANI ERA UN FATTO SCONTATO Per molti secoli, più in passato che ora, ovviamente [dopo la creazione dello Stato di Israele, n.d.r.], LA MAGGIORANZA DEL POPOLO EBRAICO HA MANIFESTATO UNA VIVA SIMPATIA PER I MUSULMANI. Un nemico comune è un gran vincolo d'amicizia e DAL MOMENTO CHE I CRISTIANI ERANO NEMICI SIA DEI MUSULMANI CHE DEGLI EBREI, QUESTI DUE POPOLI HANNO STRETTO UNA SORTA D'ALLEANZA"de facto" FRA LORO. .Al tempo delle crociate gli ebrei furono gli alleati che aiutarono i musulmani a respingere la marea dell'invasione cristiana. ed in Spagna gli ebrei sono stati gli alleati e gli amici fedeli dei mori contro gli abitanti cristiani del paese. Gli ebrei avevano prosperato nella Spagna musulmana ed avevano trovato rifugio nella Turchia musulmana. . Si potrebbe parlare di una TRADIZIONE GIUDAICO-ISLAMICA, dato che LA RELIGIONE MUSULMANA, È STRETTAMENTE LEGATA AI SUOI PROGENITORI EBRAICI" (40). Per chiunque legga il Corano l'influsso del Giudaismo è evidente. Quanto poi all'interpretazione di tale influsso esistono diverse spiegazioni: c'è chi, come il Padre Théry, vede nel Giudaismo l'unico motore dell'Islàm, chi, come il Pertus, vede influssi giudaici e nello stesso tempo, anche se meno forti, nestoriani e/o di cristiano-giudaizzanti, e/o gnostici. Resta il fatto acquisito del rapporto causa-effetto tra Giudaismo post-biblico e Islàm, anche perché le eresie antitrinitarie o negatrici della divinità di Cristo (come il Nestorianesimo) furono ampiamente fomentate dal Giudaismo (41). Lo stesso Pertus riconosce che "il Corano fu profondamente impregnato, se non ispirato dal Giudaismo" (42). Ecco perché le parole di Arafat (il capo dell'O.L.P.) non devono stupirci: "IL GIUDAISMO È UNA PARTE DELLA MIA RELIGIONE" (43); "VOGLIAMO LA PACE CON I NOSTRI CUGINI EBREI" (44). Anche René Sirat, presidente dei rabbini europei, ha ribadito il legame che unisce il Giudaismo all'Islàm e l'opposizione che regna, al contrario, tra Israele e la Chiesa cattolica romana. L'ex rabbino capo di Francia ed oggi presidente del consiglio permanente della Conferenza dei rabbini europei ha dichiarato a "30 GIORNI": "Mi auguro che sia possibile la stessa qualità di dialogo con i cristiani e con i musulmani. CON QUESTI ULTIMI NOI EBREI NON ABBIAMO ALCUN CONTENZIOSO TEOLOGICO RELIGIOSO, PERCHÉ I MUSULMANI NON SOSTENGONO DI ESSERE IL VERO ISRAELE [come i cristiani]. Per loro noi siamo il popolo del Libro. DI CONSEGUENZA IL DIALOGO CON LORO SARÀ MOLTO PIÙ FACILE" (45). «La polemica ebraica - scrive il Messori (46) - [è] convinta che IL VANGELO IN SE STESSO (con quella sua vicenda di Passione e morte di Gesù anche per responsabilità del Sinedrio) costituisca una fonte perenne di ostilità antigiudaica. Per dirla con la bruta sincerità di uno scrittore ebreo: 'Fino a quando qualcuno prenderà come storico il racconto evangelico della passione di Gesù, vi sarà pericolo per noi'. L'Islamismo non è invece considerato altrettanto rischioso per gli ebrei, e si tende ad attribuire solo alle PARTICOLARI CIRCOSTANZE STORICHE lo scontro tra la Stella di David e la Mezzaluna musulmana. Per il passato anzi vi fu uno stretto legame tra Islàm ed ebraismo in funzione anticristiana: L'Islàm si stanziò qui [in Israele] col fattivo aiuto e tra le grida di esultanza di quegli stessi ebrei che ora tentano. di combatterlo con le armi. Maometto muore nel 632. Bastano poco più di vent'anni alle orde arabe uscite dal deserto per giungere in Occidente. Un blitz vittorioso senza precedenti e che è meno inspiegabile solo se si pensa al RUOLO CHE VI EBBERO ANCHE LE COMUNITÀ EBRAICHE. È infatti storicamente appurato che, per avversione al Cristianesimo, GLI EBREI (ed anche i Nestoriani ed i Monofisiti) GIOCARONO IL RUOLO DI 'QUINTE COLONNE' A FAVORE DEI MUSULMANI. Non è leggenda, ma verità che sta anche nelle cronache arabe: si giunse a consegnare agli assedianti [musulmani] le chiavi delle città e a svelare i punti deboli della difesa. È un fatto che l'arrivo della cavalleria araba fu salutato con entusiasmo da parte ebraica. Come scrive Daniel Rops: "Gli ebrei si fecero, e con gioia, i furieri dei conquistatori musulmani. NEI MOMENTI DELLE INVASIONI, LE COMUNITÀ GIUDAICHE FURONO COSTANTEMENTE CON GLI ASSALITORI"» (47). Già nel 1833 lo studioso ebreo Abraham Geiger pubblicò il famoso libro Was hat Mohammed aus dem Judenthume aufgenommen? (Che cosa ha preso Maometto dall'Ebraismo?), in cui, studiando l'influsso della religione giudaica postcristiana su quella Islamica, evidenziava gli elementi veterotestamentari e rabbinici nei primi testi islamici e arrivava alla conclusione che si trattava di CONTRIBUTI EBRAICI ALL'ISLÀM (48). Questo primo studio, che precede quello del Padre Théry di ben centotrent'anni, fu seguito poi da molti altri. "Alcuni studiosi arrivarono perfino ad ipotizzare che Maometto avesse avuto insegnanti o educatori ebrei che gli avevano fornito i rudimenti della sua religione" (49). Tali opinioni furono anche condivise dal noto arabista scozzese Richard Bell e dal grande studioso svedese Tor Andrae, professore di religioni comparate. «Più di recente si sono avuti nuovi approcci sull'argomento delle .influenze ebraiche. Mentre l'origine ebraica di alcuni concetti islamici è stata evidenziata inizialmente da studiosi ebrei, per lo più rabbini... Molto recentemente l'opera di due giovani studiosi ha presentato la relazione storica fra Ebraismo e Islàm in una luce del tutto nuova, in cui il ruolo svolto dall'Ebraismo nell'Islàm viene descritto come qualcosa di ben più importante di un semplice 'contributo' o di una 'influenza'. Questo lavoro che dipinge L'ISLÀM come una specie di DERIVATO .dell'ebraismo (50) ha suscitato violente controversie» (51). Bernard Lewis, uno dei più noti orientalisti contemporanei (52), cita anche Hanna Zakharias (pseudonimo del padre Théry), "ben noto studioso domenicano" (53). È interessante ritrovare nel libro (54) del Lewis le analogie tra Ebraismo e Islàm e una contrapposizione tra Ebraismo e Cristianesimo molto più radicale di quella esistente tra Giudaismo e Islàm. Infatti "mentre gli ebrei riconoscevano l'Islàm come una religione strettamente monoteista dello stesso tipo della loro, avevano forti dubbi, condivisi dai musulmani, circa il Cristianesimo. Era meno grave testimoniare che Maometto era il profeta di Dio, piuttosto che affermare che Gesù era il Figlio di Dio. Anche per quanto riguarda le regole alimentari Ebraismo e Islàm sono molto simili tra loro e dissimili dal Cristianesimo» (55). Il problema dei rapporti tra Giudaismo e Islàm è stato recentemente trattato anche da Shelom Goitein, professore emerito presso l'Università Ebraica di Gerusalemme e attualmente membro dell'Institute for Advanced Study di Princeton, il quale afferma: "La città di Medina .ospitava una popolazione ebraica così grande che sotto il suo esempio. fu in grado di preparare i suoi vicini Arabi ad accettare la religione monoteistica" (56). Medina, centro principale dell'attività di Maometto, fu originariamente una città di Kohanim (sacerdoti) ebraici. "La testimonianza più eloquente del carattere giudaico delle comunità israelite d'Arabia .si trova nello stesso Corano, che continuamente fa riferimento ai loro rabbini. Il Corano allude più volte al sabato come ad un giorno di riposo e al digiuno giudaico e ad altre leggi .le quali si riscontrano nella letteratura talmudica"(57). Il Corano dice (58) che la Resurrezione avverrà in un batter d'occhio; e questo versetto, fa notare lo studioso, viene recitato dagli ebrei tre volte al giorno. "Infine nel Libro Sacro dell'Islàm si sono trovati inequivocabili 'Midrashim' giudaici, che finora non sono stati rintracciati nella letteratura ebraica. Perciò, se troviamo nel Corano iscrizioni che lodano gli ebrei perché osservano il sabato o li rimproverano perché così non fanno, queste leggende possono essere scaturite solo da una fonte ebraica" (59). Il Goitein si chiede allora di quale religione si sia servito Maometto come suo modello immediato o quali siano stati i suoi maestri, dato che il Corano allude più volte a persone che istruirono il Profeta. La risposta può essere triplice. Una prima tesi sostiene che il Corano contiene una grande quantità di materiale che si può far risalire sia a fonti giudaiche che cristiane. Però (seconda tesi) ciò che Maometto dice riguardo a Gesù Cristo e al Cristianesimo non si può applicare a nessuna delle diverse confessioni cristiane di allora e dunque la proposta cristiana andrebbe scartata. Infine (terza tesi) potrebbe essere esistita una terza tradizione di tipo gnostico esoterico, che potrebbe avere influenzato Maometto, una specie di gnosticismo cristiano riconducibile, quale antitradizione parassitaria, alla Càbala spuria giudaica. È in pratica la tesi di Harnack, secondo cui "l'Islàm è un rimaneggiamento della religione ebraica su suolo arabo, dopo che la stessa religione ebraica ha subito modifiche ed assorbito influssi da un cristianesimo gnostico-esotericheggiante" (60). Goitein sostiene che "nell'ultimo periodo della sua attività, a Medina, MAOMETTO FU INFLUENZATO IN MANIERA CONSIDEREVOLE DAL PENSIERO E DAI MODI DI VITA DEGLI EBREI. .LA SPIRITUALITÀ DI MAOMETTO, con il suo irriducibile monoteismo [interpretato in funzione antitrinitaria, n.d.r.] EBBE IN CIÒ MOLTO DELLO SPIRITO DEL GIUDAISMO. L'ipotesi che Maometto, all'inizio della sua attività di profeta, fosse principalmente ispirato da cristiani, compresi i giudeo-cristiani, sembra sia da scartare nel modo più assoluto per il semplice fatto che non c'è alcun riferimento alla figura (persino al nome) di Cristo. Si ha l'impressione che Maometto abbia fatto uno studio specifico dei dogmi cristiani unicamente in una fase molto più tarda della sua attività" (61). La figura dominante del Corano, d'altronde, è Mosè, citato più di cento volte contro le quattro di Gesù Cristo. Inoltre le storie su Mosè pervadono tutto il Corano e non sono limitate a certi capitoli specifici. Il gruppo ebraico, che influenzò Maometto, non era dunque una setta giudeo-cristiana ed ebionita, poiché il CORANO PRESENTA DELLE AFFINITÀ STRETTISSIME CON LA LETTERATURA TALMUDICA. La soluzione posta dal Goitein perciò è quella dell'influsso del Giudaismo-talmudico sull'Islàm. "La battaglia che Maometto così gloriosamente e facilmente ha vinto sugli arabi compatrioti è stata decisa molti secoli prima sulle colline della Giudea. I VALORI reali DELLA FEDE IN UN SOLO DIO. GIUNSERO A MAOMETTO, come egli mai cessò di mettere in evidenza, da ISRAELE" (62). L'Islàm, come il Giudaismo, è una religione di 'Halaka', cioè un precetto che regola MINUZIOSAMENTE tutti gli aspetti della vita. "Di fronte a queste considerazioni - conclude Goitein, confermando la conclusione del Théry - si è portati a pensare che L'INFLUENZA DEL GIUDAISMO SULL'ISLÀM DELLE ORIGINI DEVE ESSERE STATA MOLTO CONSIDEREVOLE, SE NON DECISIVA" (63). Un altro noto storico e giornalista, Paul Johnson, scrive assai lucidamente sui rapporti tra Islàm e Giudaismo: ".l'Islàm fu in origine un movimento eterodosso all'interno del Giudaismo, divergendone al punto da diventare una religione a sé stante. La presenza ebraica in Arabia è molto antica. Durante i primi tempi dell'era cristiana il Giudaismo si diffuse nell'Arabia settentrionale e alcune tribù divennero interamente ebraiche. Ci sono prove che poeti ebrei siano fioriti nella regione di Medina nel VII secolo, ed è perfino possibile che uno stato dominato da ebrei sia esistito lì in quel periodo. Secondo fonti arabe, circa venti tribù in Medina e dintorni erano ebree. L'influenza del Cristianesimo, che ai suoi occhi [di Maometto, n.d.r.] non poteva apparire strettamente monoteistico, fu molto lieve. Sembra che l'obiettivo di Maometto fosse quello di distruggere il paganesimo politeistico della civiltà delle oasi, trasmettendo agli arabi il monoteismo etico ebraico in un linguaggio che essi potessero capire ed in termini adatti ai loro costumi. Egli accettò il Dio degli ebrei e i loro profeti .il Corano essendo il sostituto arabo della Bibbia. Lo sviluppo da parte di Maometto di una religione a se stante, ebbe inizio quando si rese conto che gli ebrei di Medina non erano disposti ad accettare la sua versione araba arbitrariamente elaborata del Giudaismo" (64). Sostanzialmente dello stesso avviso, riguardo all'origine dell'Islàm dal Giudaismo ed alla successiva 'rottura', è anche Lea Sestrieri: "In contatto con gli ebrei. gli arabi avevano acquistato una certa familiarità con l'idea monoteista. Non meraviglia perciò che in un determinato momento uno di essi. abbia sentito il richiamo del Dio unico. È molto probabile. che gli arabi di religione essenzialmente idolatrica, arrivassero all'orrore dell'idolatria attraverso il contatto costante con gli ebrei, che da secoli vivevano tra loro. L'essenza della dottrina di Maometto può essere riassunta in questi punti: credere in Dio, negli Angeli, nelle Scritture. Ad essi può aggiungersi: la preghiera, l'elemosina, i digiuni, i pellegrinaggi a La Mecca. Ognuno di questi punti si riallaccia alla fede e alla pratica ebraica, compresa l'idea del pellegrinaggio (in cui solo la città cambia)" (65). La Sestrieri si domanda come si sia prodotta la rottura tra Giudaismo e Islàm, che oggi continuano a chiamarsi cugini (cfr. nota n° 51) e risponde: "La separazione tra Giudaismo e Cristianesimo fu determinata dal carattere cristologico di Gesù [e dalla divinità di Gesù, n.d.r.]. Ma nella predicazione di Maometto non vi sono dottrine che costituiscano una separazione dall'ebraismo" (66). Ecco spiegato in breve quanto si cerca di provare: tra Cristianesimo ed Ebraismo vi è una opposizione di contraddizione di carattere teologico: per il Cristianesimo Gesù è Dio; per il Giudaismo Gesù non è Dio. Tra Islàm e Giudaismo, invece, non vi è nessuna opposizione di carattere teologico, mentre vi è opposizione di contraddizione tra Cristianesimo e Islàm riguardo i due Misteri principali della Fede: Unità e Trinità di Dio e Incarnazione, Passione e Morte e Resurrezione di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Secondo la Sestrieri la rottura tra Giudaismo e Islàm avvenne per motivi caratteriali o personali, comunque accidentali e contingenti; infatti "per una personalità come quella di Maometto la sfiducia degli ebrei dettata da superiorità e tradizione furono più che sufficienti per produrre la rottura. Si potrebbe concludere perciò che la separazione Ebraismo-Islamismo è solo in parte religiosa; fu dettata essenzialmente dal desiderio di predominio dell'Islàm" (67). Un altro eminente studioso, Günter Stemberger, ammette la dipendenza dell'Islàm dal Giudaismo: "ALL'INIZIO L'EBRAISMO, .HA FORTEMENTE INFLUENZATO L'ISLÀM, anche se in seguito ne subì l'influenza. Proprio l'ambiente politico-culturale dell'Islàm ha contribuito alla diffusione del Giudaismo rabbinico" (68); entra poi nei dettagli e conferma l'influsso rabbinico su Maometto: "Già molti secoli prima di Maometto esistevano in Arabia comunità ebraiche: esse svilupparono un'intensa attività missionaria MAOMETTO ebbe così l'opportunità di incontrarsi con loro e di conoscerne la tradizione. Egli BASÒ AMPIAMENTE LA SUA DOTTRINA SULLA TRADIZIONE BIBLICOEBRAICA. Vi sono TANTISSIMI ELEMENTI CHE COLLEGANO chiaramente IL CORANO e il pensiero islamico posteriore ALLA TRADIZIONE EBRAICA" (69). Lo Stemberger passa poi ad elencare i punti di contatto tra Islamismo e Giudaismo: la fede, la legge religiosa ed il materiale narrativo, cose che già abbiamo visto nel corso dell'articolo. Sembra però opportuno soffermarsi sulle prescrizioni legali riguardo ai cibi. Maometto riprende sostanzialmente i divieti già noti al Giudaismo, anche se pur con meno proibizioni. Tuttavia "si permette ai musulmani di mangiare la carne macellata dagli ebrei" (70). Il Verminjon risponde alla domanda sollevato dalla Sestrieri, sulla rottura tra Giudaismo e Islàm, facendo un pararallelo con Lutero: «Lutero. si schierò per gli ebrei e fu da questi sostenuto; ma quando il fuoco dell'eresia fu acceso, essi, facendo macchina indietro, si ritirarono. Per tale voltafaccia lo stesso Lutero li investì con l'opuscolo Gli ebrei e le loro menzogne. Il rabbino Camerini riconosce che la Riforma, tenendo occupati i cristiani a lottare tra loro (proprio come era voluto dal Giudaismo), segnò una tregua alle azioni antigiudaiche. E non si pensi che allo stesso sorgere del Maomettanesimo sia stato estraneo l'intervento della Sinagoga. Maometto, in principio, fu aiutato da ebrei col consiglio e con l'oro. Ma UNA VOLTA CHE TALE RELIGIONE SI DIFFUSE, ESSI TROVARONO IL MODO DI RITIRARSI ALLA CHETICHELLA. Fu, in realtà, il fanatismo di un pugno di ebrei, fra i più reputati della città di Medina, che gettò le fondamenta della potenza politico-religiosa dell'Islàm. Dopo di che, più facilmente, si arguisce quanto il Giudaismo abbia interesse a che i "goim" lottino tra loro e siano al massimo grado divagati da quelle cose che risultino più distraenti» (71). Sembra quindi del tutto lecito affermare che, se il Marxismo è una versione laicizzata del Giudaismo talmudico, l'Islamismo è un Giudaismo semplificato ed armato contro i cristiani. È proprio dell'Islàm voler imporre la mezzaluna con la spada, mentre la Chiesa ammette il ricorso alla forza solo per impedire all'eretico di spargere l'errore nella società (72) o per difendersi dall'attacco di un ingiusto aggressore, fosse anche un non battezzato sul quale non ha giurisdizione. "La guerra contro gli infedeli è uno dei doveri più sacri raccomandati dall'Islàm. .la guerra santa non deve né cessare né essere interrotta prima che il mondo sia tutto sottomesso all'Islàm" (73). Come non essere preoccupati, allora, di fronte al fenomeno sempre più invadente di milioni e milioni di musulmani che si sono infiltrati nell'Europa (una volta) cristiana per volerla musulmanizzare? Nel 1981 il dr. Israël Shahak (presidente della Lega israeliana dei diritti dell'uomo, professore di chimica all'Università ebraica di Gerusalemme) scriveva un'appendice ad un articolo intitolato: "La religione ebrea e le sue attitudini rispetto alle altre nazioni" (in Khamsin N° 9, 1981, Ithaca Press, London). Tale appendice è stata tradotta in francese da Jacques Monnot, e riportata come postfazione al libro "L'Azyme de Sion" del generale Moustafà Tlass (prima edizione francese 1990, Damasco, Siria, pagg. 303-365). Ebbene anche il dott. Shahak ammette, in tale appendice, che "l'Islàm è considerato [dal sistema giuridico giudaico, n.d.a.] più favorevolmente del Cristianesimo" (op. cit., pag. 328). «IL GIUDAISMO È IMPREGNATO - spiega il dott. Shahak - DI UN PROFONDO ODIO VERSO IL CRISTIANESIMO... Tale odio risale all'epoca in cui il Cristianesimo era ancora debole... Tale attitudine... è fondata su due elementi principali: in primo luogo, sull'odio e le calunnie contro Gesù... In secondo luogo per ragioni teologiche, ...secondo le quali il Cristianesimo è posto (dall'insegnamento rabbinico) tra le religioni idolatriche. Tutto ciò a causa della dottrina cristiana sulla Santissima Trinità... Invece L'ATTITUDINE DEL GIUDAISMO VERSO L'ISLÀM È RELATIVAMENTE BENEVOLA... Il Corano, a differenza del Nuovo Testamento, non è condannato ad essere bruciato. Non è onorato come la legge islamica onora i rotoli della Torah, ma è trattato come un libro normale. La maggior parte delle autorità rabbiniche riconoscono che l'Islàm non è idolatra» (op. cit., pagg. 362-365).
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I RAPPORTI ATTUALI TRA MONDO PALESTINESE E STATO D'ISRAELE In questo articolo si è trattata la questione delle origini storiche dell'Islàm, sulla base di studi scientifici seri e documentati; per quanto riguarda invece i rapporti attuali tra Palestina e Stato d'Israele il discorso è diverso. Bisogna perciò concludere che tra Giudaismo e Islàm il rapporto è SOSTANZIALMENTE di causa ed effetto. Tuttavia, ACCIDENTALMENTE (cioè date le circostanze storiche che hanno fatto sì che Israele occupasse con la forza i territori palestinesi), il mondo arabo si è trovato in una situazione conflittuale con Israele. Questo, però, non è dovuto a cause religiose (essendo l'Islam una emanazione del Giudaismo talmudico), ma soltanto a cause di ordine politico-militare (74). Mi sembra che non si possa negare tuttavia che la reazione del mondo islamico all'imperialismo ebraico (che sta realizzando il Nuovo Ordine Mondiale) sia da considerare come qualcosa di positivo, "per accidens et non per se" (direbbero gli scolastici). Non bisogna però esagerare e vedere nella reazione araba allo Stato d'Israele qualcosa di buono IN SÉ o SOSTANZIALMENTE, così da farci addirittura abbracciare la causa dell'Islàm! Si tratta infatti della lotta della Palestina contro lo Stato d'Israele e non dell'Islàm contro il Giudaismo! Sarebbe fatale per noi, cristiani, dimenticare che (come ha dichiarato Jocelyne Khoueiry, ex comandante della milizia cristiana libanese) "il Libano [cristiano] è stato sacrificato per soddisfare Siria e Israele [musulmani ed ebrei]. Sul Libano pesavano tre pericoli. Il primo era la Siria, con le sue mire .Il secondo è costituito dall'integralismo delle nazioni islamiche, in particolare l'Iran e l'Arabia Saudita. Infine vi è la minaccia di Israele, che preferirebbe un Libano diviso in tanti piccoli stati quante sono le sue religioni.
Inoltre non bisogna dimenticare che USA ed Israele avevano concluso un patto internazionale .il cui scopo era di risolvere la questione palestinese a spese dei cristiani libanesi. I palestinesi non avevano patria? Il Libano diventerà la loro patria. E i cristiani? Potranno emigrare verso gli USA." (75). GIUDAISMO E ISLAM SONO SEMPRE PRONTI (ANCHE ORA) AD ALLEARSI, QUANDO SI TRATTA DI DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO! Perciò l'infiltrazione giudaico-massonica all'interno della Chiesa romana e la giudaizzazione dell'ambiente cristiano, non debbono farci dimenticare, ma al contrario debbono rafforzarci sempre più nella convinzione che L'UNICO VERO ANTIDOTO AL GIUDAISMO TALMUDICO NON È LA MEZZA LUNA (che è preceduta e s'interseca con la stella di David) MA SOLO E SOLTANTO LA CROCE DI GESÙ! NOTE Le citazioni del Corano sono state tratte dal vol. del Padre Théry: "Vrai Mohammed et faux Coran". 1) 1891-1959. Fu membro dell'Accademia Pontificia, cofondatore con Etienne Gilson degli Archives doctrinales et littéraires du Moyen Age, fondatore dell'"Istituto storico di Santa Sabina" di Roma, professore all'Istituto Cattolico di Parigi, membro delle sezione storica della Sacra Congregazione dei Riti. 2) N.E.L.. Paris 1960. 3) J. BERTUEL, L'Islam: ses véritables origines, N.E.L., Paris 1983-84, 3 voll. 4) BRUNO BONNET-EYMARD fr., Le Coran, CRC ed., Saint-Parres-lès-Vaudes 1988, tomo I, pag. XIX 5) L'edizione precedente di De Moïse à Mohammed, sotto lo pseudonimo di H. ZAKHARIAS, apparve nel 1955 "chez l'auteur", seguito dal III tomo postumo nel 1963 presso le edizioni dello Scorpione. Un IV volume è rimasto allo stato di manoscritto. 6) Cfr. Angelicum, fascic. 3-4, 1960. 7) Probabilmente un meteorite. 8) A La Mecca si praticava sia il politeismo, che adorava una decina di divinità, tra le quali una triade femminile, sia la litolatria: il culto delle pietre sacre. 9) Sura XVIII, 8. 10) Probabilmente agli inizi del VI secolo. 11) E. PERTUS, Connaissance élémentaire de l'Islam, Action familiale et scolaire, Paris 1991, suppl. al n° 65, pag. 24. 12) Sura XCII. 13) Sura XCV. 14) Sura LXXX, 13-16. 15) Sura XXXVII, 114-120. 16) Sura LXXXV, 21-22. 17) Sura CXII. 18) Sura CIX, 1-6. 19) H. ZAKHARIAS, Vrai Mohammed et faux Coran, N.E.L., Paris 1960, pag. 32. 20) Sura LXXX 11-15, XCVII, LXXXVII, LXVIII 15-52, LVI 76-77. 21) "Si resta colpiti dal posto che tengono - nel Corano - i precetti, minuziosamente dettagliati, relativi alle donne; ora questi stessi precetti occupano circa un settimo del contenuto del Talmùd". (E. PERTUS, op.cit., pag. 41). 22) Sure: LXXVII, 41-44; LXXXIII, 47; LXXVIII, 31; LII, 20; LVI, 22; LV, 72; XXXVII, 47; XLIV, 54; XVI, XXXVII, 47; LV, 47. 23) Sura XVII, 75. 24) Sura LIV, 17, 22, 32, 40. 25) Sura XX, 112. 26) Sura XI, 20. 27) Sura X, 38. 28) Sura XLVI, 11. 29) Op. cit. pag. 112 30) Sura XXVI, 217-219. 31) Sura VI, 125. 32) Op. cit., pag. 129. 33) Sura XIX, 1-15. 34) Sura, XIX, 16-21. 35) Sura XIX, 29. 36) Sura XVIII, 3-4. 37) Sura LXXII, 3. 38) Cfr. E. PERTUS, Connaissance élémentaire de l'Islam, Action familiale et scolaire, Paris 1991, suppl. al n° 65. 39) B. LAZARE, L'antisemitisme, Documents et témoignages 1969, pag. 51. 40) B. LEWIS, La rinascita Islamica, Il Mulino, Bologna 1991, pagg. 187-205. 41) Cfr. J. MEINVIELLE, Dalla Cabala al progressismo, Roma 1989. 42) E. PERTUS, op. cit., pag. 26. 43) Intervista ad Arafat, LA STAMPA, 15/9/1993. 44) L'Osservatore Romano, 21/8/1994, pag. 2. 45) 30 GIORNI, febbraio 1994, pag. 16. 46) V. MESSORI. Pensare la Storia, ed. Paoline, Milano 1992, pag. 624. 47) Ibidem, pagg. 117-118. 48) A. GEIGER, Was hat Mohammed aus dem Judenthume aufgenommen?, Bonn 1833, ed. Rivista, Lipsia 1902. 49) B. LEWIS, Gli Ebrei nel mondo Islamico, Sansoni, Firenze 1991, pag. 72. 50) P. CRONE-M. COOK, Magarism: the Making of the Islamic World, Cambridge, England, 1977. 51) B. LEWIS, op. cit., pag. 73. 52) È professore di storia del Medio Oriente presso l'Università americana di Princenton. 53) B. LEWIS, op. cit., pag. 204. 54) Pagg. 82-86. 55) Ibidem, pagg. 87-88. Sull'argomento si vedano anche: S. W. BARON, Social and Religious History of the Jesus, New York 1952. E. I. J. ROSENTHAL, Judaism and Islam, Londra 1961. A. I. KATSH, Judaism in Islam, New York 1962. S. D. GOITHEIN, Studies in Islamic History and Institutions, Leida 1966. M. R. COHEN, The Jewish self-Government in Medieval Egipt, Princeton 1980. 56) S. D. GOITEIN, Ebrei e Arabi nella storia, Jouvence, Roma 1980, pag. 59. 57) Ibidem, pag. 63. 58) Sura XVI, 77. 59) S. D. GOITEIN, op. cit., pag. 65. 60) Dogmengeschichte, II, pagg. 553-557. 61) S. D. GOITEIN, op. cit., pagg. 68-69 62) Ibidem. Pag. 74. 63) Ibidem, pag. 76. 64) P. JOHNSON, Storia degli ebrei, Longanesi, Milano 1987, pagg. 186-187. 65) L. SESTRIERI, Gli Ebrei nella storia di tre millenni, Carucci, Roma 1980, pagg. 92-95. 66) Ibidem, pag. 95. 67) Ibidem, pagg. 94-95. 68) G. STEMBERGER, Il Giudaismo classico, Città nuova, Roma 1991, pag. 288. 69) Ibidem, pagg. 288-289. 70) Ibidem, pag. 290. 71) VERMINJON, Le forze occulte che manovrano il mondo, Roma 1977, pagg. 64-66. 72) Assassinando così lo spirito, reato questo molto più grave dell'omicidio (vedasi Sodalitium n° 5, pagg. 14-23). 73) Ibidem, pag. 94. Sull'argomento vedasi anche R. BARKAI, Chrétiens, musulmans et juifs dans l'Espagne médiévale, ed. Du Cerf, Paris 1994. 74) IL GIORNALE del 12/11/'94 (pag, 15) riporta un'intervista a Mahmud El Adhar, uno dei laeders indiscussi di Hamas a Gaza, nella quale si legge: "PER NOI MUSULMANI GLI EBREI NON HANNO MAI COSTITUITO UN PROBLEMA IN QUANTO TALI. Li abbiamo accolti ogni volta che voi Europei avete deciso di liberarvi di loro. Abbiamo iniziato cinque secoli fa quando gli Spagnoli iniziarono a buttarli fuori dal loro impero". Lo stesso Arafat ha recentemete dichiarato: "Vogliamo la pace con I NOSTRI CUGINI EBREI"; da L'OSSERVATORE ROMANO, 21 agosto 1994, pag. 2. 75) J. KHOUEIRY, in Missioni della Consolata, agosto 1993, pagg. 26-28. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE C. BAFFIONI, Storia della filosofia islamica, Mondadori, Milano 1991. A. BAUSANI, L'Islam, Garzanti, Milano 1987. J. BERAUD-VILLAS, Islam d'Hiers et de toujours, Arthaud, Paris 1969. A. FAHD, TOUFIC-BAUSANI, L'Islamismo, Laterza, Bari 1991. R. GARAUDY, Promesses de l'Islam, ed. Du Seuil, Paris 1991. C. 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